
A quasi tre anni da quel giorno è in corso processo per stabilire responsabilità e risarcimenti e nella prima udienza le parti civili hanno presentato la richiesta di chiamare "in causa" anche il Ministero delle Infrastrutture, chiamandolo come responsabile civile. Le accuse per i due indagati sono di disastro colposo e naufragio. Secondo l'accusa, i lavori di rinforzo a cui la diga era stata sottoposta poco tempo prima della mareggiata avrebbero avuto difetti nella progettazione e non vi sarebbero state le prescrizioni tecniche e la vigilanza da parte del Genio civile.
Quella mareggiata fu di una forza devastante, onde alte 10 metri colpirono per ore la scogliera e la loro potenza ruppe la diga per 300 metri. Dopo un crollo avvenuto nel 2000, per un'altra mareggiata, la diga era stata ricostruita più alta di 1,30 metri portandola a 6,5 metri. Delle 337 barche presenti nel porto, 138 erano rimaste in galleggiamento, le altre sono finite sugli scogli o sulla spiaggia o affondate.
C'è anche un secondo filone di indagini che riguardava lo smaltimento dei relitti e dei rifiuti che aveva portato anche a misure cautelari nei confronti dei vertici della società che si occupava del porticciolo e di un imprenditore legato a clan camorristici. Per gli inquirenti la gestione dei rifiuti aveva avuto costi bassi perché in totale spregio delle norme sulla sicurezza e ambientali, senza le competenze e le autorizzazioni. In questo processo sono sei le parti civili.
IL COMMENTO
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