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Le regole devono essere le stesse per tutti. L'artista Pippo Lamberti: "Prossimo passo togliere la mascherina"
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È stato accolto tiepidamente l'okay del Comitato tecnico scientifico all’aumento della capienza in cinema e teatri al chiuso all’80% da parte di chi opera nel mondo dello spettacolo. Per molti è una decisione tardiva, anche perché non si sono praticamente registrati contagi nelle platee di tutta Italia. Lo dicono i dati forniti da Agis sul periodo tra il 15 giugno e il 10 ottobre 2020, su oltre 347 mila spettatori sarebbe stato individuato un solo "contagiato" dal Covid. Lo dicono le misure di sicurezza, ormai rodate e certificate, all’interno dei luoghi della cultura. E poi lo dice anche la campagna vaccinale: sono oltre 42 milioni gli italiani vaccinati ad oggi.

"Un passo verso la normalità e verso il ritorno in presenza al 100%, ora non so quale sia il vero motivo per cui si siano tenuti in tasca questo piccolo 20%, però è un passo avanti", commenta a Primocanale il musicista e attore Pippo Lamberti. "Nel 2022 speriamo di tornare alla normalità vera e propria, togliendo anche le mascherine, ma comunque non dobbiamo avere fretta, dopo l'ultimo anno e mezzo terribile che abbiamo passato. La gente è confusa perché da una parte vede i tifosi allo stadio abbracciati senza distanziamento e dall'altra regole più ferree in altri luoghi, basta con le contraddizioni".

La misura servirà anche da sprint per la ripartenza delle stagioni teatrali e dei primi tour di concerti nei palazzetti previsti per quest’autunno. Anche perché andare a teatro al 50% in luoghi molto grandi come il Teatro Carlo Felice o una multisala del cinema dava un senso di spaesamento, mentre così "si potrà recuperare quel senso di comunità e di ritrovo che un po' era venuto a mancare", spiega il regista Matteo Alfonso, portavoce di Emergenza Spettacolo.

Questa graduale ripartenza non deve però far spegnere i riflettori sull’industria cultura che da oltre 40 anni aspetta una riforma concreta. "La pandemia ha lasciato dietro di sé una strage, diversi colleghi hanno cambiato lavoro e ogni volta che un artista smette di esserlo è un peccato mortale per l’anima del paese", aggiunge Alfonso. "Dal welfare alla progettazione, dai finanziamenti al Fus, c’è bisogno di far rinascere dal basso questo settore".

Di tutto questo si parlerà il 3 ottobre nell’ambito della rassegna 'Resistere e creare' in piazza dei Giustiniani. Doppio appuntamento gratuito aperto al pubblico, con due proiezioni per sottolineare l’importanza delle lotte sindacali del comparto: uno porta la firma di Fabio Cavalli e si tratta di "Cesare deve morire", che narra la messa in scena del Giulio Cesare di William Shakespeare da parte dei detenuti di Rebibbia diretti dal regista teatrale Fabio Cavalli, l’altro invece è stato realizzato dal gruppo de l’Ultima Ruota, la "protesta" che da Milano era arrivata a Sanremo durante il Festival per portare all’attenzione le istanze di tutti i lavoratori nel settore cultura.