cronaca

Pubblicata la relazione della DIA sul secondo semestre 2020. Sempre più inseriti nell'economia locale
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 Tra le conseguenze della pandemia vi è anche un forte aumento della presenza da parte della criminalità organizzata nell'economia "ufficiale". Da Cosa Nostra alla camorra, secondo la relazione della DIA, Direzione investigativa antimafia relativa al secondo semestre del 2020 e appena consegnata in Parlamento, le relazioni con la forza lavoro e le aziende si fanno sempre più strette e sinergiche. Dunque non è più la violenza lo strumento principe di queste cosche, ma l'infiltrazione.

Secondo la DIA si tratta da parte delle mafie di una "strategia criminale che, in un periodo di grave crisi, offrirebbe alle organizzazioni l'occasione sia di poter rilevare a buon mercato imprese in difficoltà, sia di accaparrarsi le risorse pubbliche stanziate per fronteggiare l'emergenza sanitaria".

Nel rapporto dell'Antimafia vengono segnalati 46 clan locali della 'ndrangheta attivi al di fuori della Calabria: nel lungo elenco ce ne sono tre liguri tra cui uno anche a Lavagna, dove si troverebbe un clan "locale", ovvero una struttura di coordinamento della cosca. Tra i 46 "locali" nel nord Italia, oltre ai 3 liguri, si segnalano 25 in Lombardia, 14 in Piemonte, 1 in Veneto, 1 in Valle d'Aosta e 1 in Trentino Alto Adige. Preoccupa, dice il rapporto, il radicamento nei centri nevralgici del mondo politico-imprenditoriale: i numeri "dimostrano la capacità espansionistica delle cosche e la loro vocazione a duplicarsi secondo gli schemi tipici delle strutture calabresi".

Oltre all'ingresso in aziende locali e nel mondo politico, l'attività della 'ndrangheta va a colpire anche il reddito di cittadinanza: molti personaggi affiliati ai clan calabresi sarebbero infatti "indebiti percettori del reddito di cittadinanza".