cronaca

Nel vertice di vent'anni fa, che cambiò anche la storia di Primocanale
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 Ho tenuto un diario di quei giorni, era il quadernino marchiato G8 che si trovava dentro la borsa blu dei "gadget" per la stampa: conteneva fra l'altro il dvd con il documentario su Genova di Sergio Zavoli, matite, una guida dei Governi dei vari paesi ospiti, la pettorina gialla con scritto Press, stampa, che si è poi rivelata così preziosa. La memoria non mi assiste molto, ma mi sono rimasti flash di quella lunghissima settimana del G8 del 2001, che Primocanale seguì in diretta già dal lunedì prima, unica tv locale ufficiale con marchio dell'evento, in forza di un contratto con il Governo. 


Avevo poco più di vent'anni, allora. Il primo ricordo che ho è l'angoscia, il magone di quando la domenica, dopo un pomeriggio trascorso a Nervi, il mio fidanzato mi accompagnò all'albergo vicino a Brignole, che il nostro editore Mauruzio Rossi aveva affittato per farci soggiornare. Dormivo in camera con la cara Lucia Pescio. Non ricordo altro di quella situazione, ma non vedevo l'ora che tutto finisse: ero giovane e temevo di non essere all'altezza, sapevo che sarebbe stato molto impegnativo. 


Altri ricordi in ordine sparso, perchè contrariamente a molti colleghi che ho intervistato per la nostra docuserie, ho poca memoria di vie, strade, cortei specifici, solo macchie. Paura, questo è il termine che descrive quello che proavai la prima volta che mi trovai in mezzo agli scontri, forse il 20 luglio: zona corte Lambruscchini, telecamerina in mano, senza cameraman, quindi esposta in modo evidente agli attacchi dei manifestanti (quelli violenti), ai lanci di sassi che erano molto frequenti: la sensazione più forte che mi è rimasta è la ricerca forsennata di una via di fuga, nelle vie di Genova, da un latro i cortei, dall'altra la polizia, con il timore che gli agenti non notassero la pettorina gialla e mi prendessero per una manifestante, e giù botte. Questa sensazione di "schiacciamento"  non me la sono più scrollata di dosso, ovunque vada in mezzo alla folla mi guardo intorno per vedere se c'è una scappatoia. 


Un colpo di pistola, ricordo, in zona corte Lambruschini, ricordo una telefonata che feci al mio collega Davide Lentini, chiedendogli dove fosse, perchè ci riunissimo e stessimo insieme. Ricordo che per un po' il mio telefono non fu raggiungibile e a casa mia mia madre si preoccupò parecchio perchè anche in diretta si erano perse le mie tracce. 


Ricordo ovviamente la morte di Carlo Giuliani, che annunciai per prima in diretta con Ilaria Cavo, il nostro direttore: fu grazie a un collega inglese di nome Kevin, che avevo conosciuto credo per strada, che arrivai in piazza Alimonda, dopo che mi segnalò che qualcosa era successo, di molto grave. Arrivata sulle scale della chiesa domandai a un collega dove fosse il ragazzo ferito, e mi rispose: "Eccolo qui". Era Carlo Giuliani, non mi soffermo sui particolari di ciò che vidi, per rispetto alla famiglia il cui dolore credo si rinnovi ogni volta che ne sente parlare. Quando venne steso un lenzuolo bianco sul suo corpo ebbi la certezza che fosse deceduto, avvertii Maurizio Rossi e dopo un'attesa imposta dal buon senso di non creare situazioni di rischio ulteriori, diedi la notizia in onda con una telefonata molto pacata che ancora oggi mi domando come abbia fatto a fare, così. 


Arrivo ai fatti della scuola Diaz, la "festa" in redazione perchè la sera del 21 la fine del G8 sembrava ormai raggiunta, quando dopo telefonate dei telespettatori mi trovai proiettata insieme all'amato cameraman Enrico Cominoli fuori dalla scuola: file di ambulanze nella via, ragazzi picchiati a sangue che uscivano in barella lamentandosi, cordone di polizia fuori dalla scuola, io che mi allontano un attimo dall'ingresso per fare una telefonata fuori dalle grida e quando torno un poliziotto non mi fa più raggiungere la postazione di prima, dicendomi: "Sono affari tuoi, dovevi arrivare prima". 


Tutto il resto è cronaca, ricordo anche i limoni per mitigare fumogeni e lacrimogeni, occhi che bruciano, questi sono solo ricordi, indelebili
, di una allora giovane giornalista che si è trovata a testimoniare un fatto immenso. orgogliosa che sia capitato a me, per caso, per coincidenza di giorni, mesi.