Politica

2 minuti e 17 secondi di lettura

Fra pochi giorni dovrà essere portata al ministro dei Trasporti, Bianchi, la terna dei candidati a guidare nei prossimi anni il porto di Genova. Scelta difficile perché chi andrà a sedere sullo scranno di Palazzo San Giorgio avrà la responsabilità delle strategie per rilanciare lo scalo genovese e, quindi, la più importante fabbrica della città.

Toccherà al presidente della Regione, Claudio Burlando, al sindaco Marta Vincenzi e al presidente della Provincia, Alessandro Repetto trovare i candidati che già cominciano a essere numerosi, almeno sull’onda dei gossip politici.

La presidenza dell’Autorità portuale è un affare pubblico, cioè deve essere trasparente, è un posto talmente strategico da diventare simile per peso specifico a quello del sindaco della città. Il porto, si dice spesso, è una città nella città e a Genova è l’altra città, con le sue strade, i suoi mezzi di trasporto, la sua economia e soprattutto un suo piano regolatore che va fatto insieme a quello della città.

Chiari fin troppo l’insieme di nodi che legano le due realtà, che possono lanciarle insieme o frenarle insieme. Se riparte il porto può anche ripartire la città, ma non è una conseguenza certa. Un porto di soli container che vengono scaricati e rimandati oltre Appennino può creare solo problemi a Genova, problemi di traffico e di intasamenti autostradali. Un porto di containers, merci e passeggeri può diventare vera fabbrica, portare ricchezza e lavoro.

Il porto ha bisogno di aree, spazi, luoghi adatti alla semplice movimentazione delle merci e Genova è in questo senso città avara e non per sua unica colpa. Quindi occorre liberare aree nuove, ma non tutto può essere offerto al porto quando le aree nuove significano anche maggiore vivibilità per quartieri fino a oggi sacrificati allo sviluppo industriale. Penso in particolare al Ponente.

Ecco perché la scelta dei candidati da portare al ministro Bianchi deve essere trasparente. Facciamo in modo che questa operazione non si risolva in una guerra tra lobbies ognuna con i suoi specifici interessi. Sarebbe bello che accadesse quello che non è accaduto tra gli industriali e, cioè, che i candidati esponessero un programma. Che la città in tutte le sue espressioni economiche e sociali, ma anche politiche, ne discutesse.

E ora veniamo ai nomi. Una raffica. Da Mario Margini a Stefano Zara, da Cristoforo Canavese alla riconferma di Giovanni Novi, all’outsider Piero Lazzeri. Due stanno emergendo in queste ultime ore non si sa se per reale forza o per desiderio di altri di bruciarli sul nascere: sono Graziano Mazzarello e l’assessore Luigi Merlo.