cronaca

Ricopriva lo stesso incarico per la funivia del Mottarone
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Mentre il piccolo Eitan, unico sopravvissuto, dà segnali di rioresa ("Ha riaperto gli occhi, è stato estubato" fanno sapere dall'ospedale di Torino) hanno ammesso le loro colpe i tre fermati per l'incidente a Stresa sulla funivia del Mottarone, tra cui anche  il direttore d’esercizio, l’ingegnere Enrico Perrocchio, che ricopre lo stesso incarico a Rapallo per la funivia di Montallegro.

"Il freno era stato disattivato volontariamente, lo hanno ammesso". Si aggrava il quadro probatorio a carico delle tre persone fermate nella notte per l'incidente alla funivia del Mottarone, tra cui il direttore dell'impianto che ricopre lo stesso incarico presso la funivia Rapallo-Montallegro. Lo ha detto il comandante provinciale dei carabinieri di Verbania, tenente colonnello Alberto Cicognani, al termine della nottata di interrogatori. "C'erano malfunzionamenti nella funivia, è stata chiamata la manutenzione, che non ha risolto il problema, o lo ha risolto solo in parte. Per evitare ulteriori interruzioni del servizio, hanno scelto di lasciare la 'forchetta', che impedisce al freno d'emergenza di entrare in funzione"

E' avvenuto questa notte l'interrogatorio che ha portato al fermo per Perrocchio. Oltre a lui ci sono anche Luigi Nerini, titolare delle Ferrovie del Mottarone, e il capo operativo del servizio. Le accuse nei loro confronti sono omicidio colposo plurimo, disastro colposo e rimozione degli strumenti atti a prevenire gli infortuni aggravato dal disastro e lesioni gravissime.

I controlli a Rapallo però sono sempre stati scrupolosi. Proprio l'ultimo dei controlli di routine programmati da tempo è stato fatto questo lunedì. A confermarlo è anche l'amministrazione comunale. 


L'analisi dei reperti ha permesso agli inquirenti di accertare che "la cabina precipitata presentava il sistema di emergenza dei freni manomesso". Lo ha spiegato il procuratore di Verbania, Olimpia Bossi, secondo cui il 'forchettone', ovvero il divaricatore che tiene distanti le ganasce dei freni che dovrebbero bloccare il cavo portante in caso di rottura del cavo trainane, non è stato rimosso per "evitare disservizi e blocchi della funivia. Il sistema presentava delle anomalie e avrebbe necessitato un intervento più radicale con un blocco se non prolungato consistente". "Per ovviare a questo problema, gli operatori con il concorso e l'avvallo e l'assoluta consapevolezza del gestore e colui che era il responsabile dell'impianto, non è stato rimosso questo dispositivo. E, nel momento in cui il cavo si è spezzato, il sistema di emergenza non è potuto entrare in funzione", ha ancora spiegato la Bossi.


"Uno sviluppo consequenziale, molto grave e inquietante, agli accertamenti che abbiamo svolto. Nella convinzione che mai si sarebbe potuto verificare una rottura del cavo si è corso il rischio che ha purtroppo poi determinato l'esito fatale". Lo ha spiegato il procuratore Olimpica Bossi, lasciando la caserma dei Carabinieri di Stresa, dove dal pomeriggio di ieri si sono svolti gli interrogatori. E' emerso che la cabinovia dalla sua riapertura aveva già fatto diversi viaggi con questo sistema manomesso, dato che quasi quotidianamente aveva presentato dei malfunzionamenti e si era pensato di ovviare a questo non attivando il freno. 


La rottura del cavo è stata l'innesco della tragedia. Ora si tratta di approfondire quanto accennato sui freni. Abbiamo bisogno dell'intervento dei tecnici", ha aggiunto il procuratore di Verbania, Olimpia Bossi. "Domenica l'altra cabina non aveva il 'forchettone', ma verificheremo se l'apposizione era stata fatta anche su quella", aggiunge a proposito del sistema utilizzato per evitare che la funivia si fermasse di continuo e che, secondo gli accertamenti della procura, ha causato la mancata attivazione dei freni. "Bisogna anche capire - conclude - se la presenza di un solo 'forchettone' o due avrebbe avuto effetto analogo".