salute e medicina

Fiore all'occhiello del percorso della Asl 3. A Villa Bombrini convogliate tre attività principali
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Antonella ha 53 anni e si è ammalata un anno fa come suo marito Gianpaolo entrambi sono stati ricoverati. William ha 49 anni vive ad Arenzano ma è di Bergamo, la città simbolo della prima ondata, e il Covid l’ha preso il 30 ottobre, ricoverato anche lui. Sagitta ha 60 anni ed è riuscita a stare a casa grazie al suo medico di famiglia e alla bombola di ossigeno della mamma che vive con lei. Caterina ha 64 anni. Vittorio a fine ottobre ha fatto due settimane in terapia intensiva con cpap e casco. GUARDA QUI IL VIDEO


Sono i sopravvissuti del Covid, quelli che sono riusciti a sconfiggere il virus ma che a distanza di settimane, mesi combattono per tornare alla vita. Quando arriva il tanto atteso tampone negativo per molti di loro inizia una nuova battaglia: ritornare alla quotidianità è un cammino lungo e faticoso. Oltre a essere subdola la polmonite interstiziale che caratterizza la malattia, infatti, è molto debilitante.


Per loro a Genova nel palazzo della salute della Fiumara c’è un centro di riabilitazione, primo in Italia e tra i primi al mondo. Un fiore all’occhiello che rappresenta solo uno dei punti del percorso messo in campo dalla Asl 3.


“Il percorso che abbiamo studiato a Villa Bombrini – spiega Luigi Carlo Bottaro direttore generale della Asl 3 - è particolare perché prevede la presa in carico totale del cittadino, per noi è fondamentale che l’accesso alla struttura di Villa Bombrini sia libero almeno nella fase iniziale, ma che si fa carico anche dei pazienti che escono dall’ospedale e che noi andiamo a cercare”.


A Villa Bombrini sono state convogliate tre attività fondamentali per il contrasto al covid 19: tamponi, contact tracing e vaccinazione.

“Eseguiamo tamponi antigenici rapidi di terza generazione – racconta Roberto Rosselli responsabile delle professioni della prevenzione di Asl 3 – che danno un risultato in circa quattro minuti e mezzo, se il test risulta positivo siamo in grado di effettuare un tampone molecolare e avere un risultato in un’ora, la particolarità è che il campione non viene mandato nei laboratori del Policlinico San Martino ma lo analizziamo noi”.


Una volta che viene riscontrata una positività inizia la fase del contact tracing ossia un’indagine epidemiologica. “E’ molto importante e serve a contenere i contagi – sottolinea Giacomo Zappa dirigente medico in staff alla direzione sanitaria Asl 3 – si cerca di capire attraverso i nostri assistenti sanitari quali sono stati i contatti, gli spostamenti del soggetto, oltre ovviamente a controllare il decorso e a fissare i tamponi. La priorità è identificare il positivo e capire i soggetti che potenzialmente potrebbero essere stati da questa contagiati”. Proprio questa struttura di Villa Bombrini è dedicata solo ed esclusivamente a questo.


“Una persona positiva può o essere seguita a casa in collaborazione con i medici di medicina generale e con il contact tracing oppure nel caso necessiti di un ricovero noi siamo in grado di farlo ricoverare nel nostro hub di riferimento che è l’ospedale Villa Scassi di Sampierdarena” prosegue Bottaro .


Chi guarisce dal Covid ed è stato ricoverato non guarisce del tutto, non almeno nell’immediato, e allora ecco la palestra che aiuta a combattere i ‘long Covid’: pazienti negativizzati ma che devono ancora fare i conti con stanchezza, deficit di equilibrio, difficoltà a respirare ma anche lo stress di chi risulta guarito ma non ha ancora ripreso la vita di prima.


“Un centro riabilitativo che è stato il primo in Italia – racconta con orgoglio il direttore generale Bottaro – ha preso in considerazione la vera fatigue, la grande stanchezza, l’incapacità di riprendersi dal soggeto che Covid positivo non è più ma tornato a casa non è più tornato alla vita normale”.


Ad avere l’idea il dottor Piero Clavario direttore della cardiologia riabilitativa della Asl 3. “Il punto è che quando una ha avuto un infarto va dal cardiologo, quando uno ha avuto un problema respiratorio va dal pneumologo ma quando uno ha avuto il Covid dove va? Quindi abbiamo richiamato i pazienti transitati nelle strutture di Asl 3 e cercato per ognuno il percorso più adatto. Facciamo a tutti una prima valutazione e poi li indirizziamo in uno dei servizi della Asl più appropriato. Sono coinvolti cardiologi, pneumologi, nefrologi, diabetologi un po’ tutti…poi alcuni che hanno aspetti di fragilità fisica più importanti li facciamo venire nella nostra palestra”.


“Il problema principale è la mancanza di forza e resistenza – racconta Vittorio – ho iniziato che non riuscivo a tirare su lo zaino di mia figlia e ora riesco a prendere in braccio mia figlia e lo zaino e quindi sono soddisfatto”.


Dall’altra parte della palestra sulla cyclette pedala Gianpaolo: “Sto cercando di rimettermi in forma, prima non riuscivo neanche a fare le scale, non riuscivo a fare quelle cose che prima facevo, è ancora un po’ lunga la strada ma piano piano ci sto arrivando”.


Gianpaolo è tra quelli che lotta da un anno da quando si è ammalato e lo fa insieme a sua moglie Antonella che lo guarda da un’altra cyclette. “Il Covid – racconta Antonella – non è stato tenero con la nostra famiglia ci siamo ammalati entrambi e mia mamma è morta in quattro giorni, non pensavo – ammette – dopo tutti questi mesi di avere ancora bisogno di riabilitazione ma è così”.


Sagitta ha 60 anni e nel parlare si sente quanta fatica faccia anche solo a parlare “Non riesco a svolgere i lavori di casa, quando faccio qualcosa sudo subito e non riesco a respirare”. Sagitta non pronuncia mai la parola Covid ma alla fine della nostra chiacchierata la definisce “la bestia che distrugge dentro”.


“Noi vediamo pazienti tre mesi dopo la dimissione dall’ospedale – spiega il dottor Clavario – quindi a una certa distanza dalla fase acuta, ma nonostante questo un po’ più della metà hanno dei sintomi come affanno, stanchezza, perdita di forza e alcuni hanno queste problematiche anche se gli esami vanno bene e allora qualche volta sono anche spiazzati”.


L’accento di William è ancora molto marcato, Bergamo è nel suo cuore, è arrivato quasi alla fine del percorso di riabilitazione e sulla cyclette sembra respirare con meno fatica degli altri e in poche parole racconta lo spaesamento di chi torna a casa dopo il ricovero per Covid ma non è più lo stesso: “Tutto era cambiato, i muscoli non c erano più, avevo forte mal di testa e forte sbandamento”.


Caterina è una psicologa da qualche anno diventata non vedente e la sua voce dolce riesce a descrivere una delle sensazioni più comuni: “Sentivo il respiro corto e mi tremavano forte le gambe”.


Sagitta continua a pedalare ma ci tiene a fare un elogio al centro del dottor Clavario soprattutto per l’attenzione all’aspetto psicologico. “Qui condividiamo con gli altri anche quello che cerchiamo di nascondere ai nostri famigliari perché magari non ci sentiamo capiti”.


“Noi ci occupiamo dei pazienti che hanno avuto la polmonite e che sono stati ricoverati – conclude Clavario – tra la prima e la seconda ondata avevamo lista di 800 persone, di queste 200 le abbiamo già visitate e alcune circa la metà le abbiamo indirizzate a vari servizi dell’azienda, 50 quindi un quarto sono stati messi nel nostro progetto di riabilitazione”.


Il percorso della Asl 3 a Villa Bombrini si chiude con il punto vaccinale che è stato allestito negli ultimi giorni.


“Abbiamo la ferma convinzione che non ci sarà un giorno in cui gireremo l’interruttore e il Covid non ci sarà più – conclude sospirando il direttore generale Bottaro – nei prossimi anni dovremmo essere pronti a combatterlo all’inizio della sua comparsa grazie a una struttura sul territorio come questa, Villa Bombrini è un esempio di come la Asl 3 con i suoi specialisti, con i medici di medicina generale vuole affrontare la patologia sia da un punto di vista preventivo, che dalla presa in carico a domicilio o in ospedale sia della riabilitazione perché guarire dal Covid non significa solo essere tornati negativi”.


Tra cyclette, tapis roulant, manubri per bicipiti in palestra intanto si continua ad allenare una vera squadra, sudano e lottano insieme, si guardano negli occhi, si confrontano e sostengono perché loro sanno di essere dei ‘reduci’ e vogliono ricominciare a vivere grazie ai loro angeli della riabilitazione.