cronaca

Dall'Anci la proposta per evitare assembramenti nelle case e fuori dai locali
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Abbattimento affitti, riduzione temporanea dell'Iva e aperture differenziate pranzo/cena a seconda della tipologia della clientela. Dagli uffici dell'assessore regionale allo Sviluppo economico della Liguria Andrea Benveduti sono partite queste richieste al neo Governo Draghi. Questo lunedì i ristoratori sono scesi nuovamente in piazza, a Genova come alla Spezia e Savona.

Bar e ristoranti aspettano la svolta: "Chiediamo al governo il risarcimento dei danni, non ristori. In tanti hanno già chiuso" gridano forte. E mentre la situazione Covid nel Ponente ligure preoccupa tanto che la Regione ha messo a punto misure ancora più restrittive la protesta va avanti forte e decisa. Un anno di Covid è ormai trascorso e per il mondo del lavoro è stata una 'mattanza' che ancora non vede l'uscita dal tunnel.

Ma si fa forte a livello nazionale la richiesta per l'apertura almeno fino alle 22 dei locali per cena: “I ristoranti, a condizione del rispetto di protocolli rigidi sulle distanze, devono poter riaprire anche di sera: la consumazione al tavolo assicura condizioni di sicurezza maggiori rispetto agli assembramenti che purtroppo si creano fuori dai locali che fanno il servizio di asporto delle bevande, soprattutto con l’arrivo della bella stagione”. E’ una delle richieste avanzate dal presidente dell'Anci, Antonio Decaro, a nome dei sindaci, durante il vertice tra Governo e autonomie che si è tenuto nelle scorse ore.

Molti Comuni spingono per questa opzione. L’idea è concentrare in un luogo controllato e contingentato le persone ed evitare che si verifichino assembramenti all'aperto o nelle case private. In zona gialla dunque ristoranti aperti la sera, fino alla 22, poi si chiude e si ritorna a casa, in zona arancione aperti la mattina. Fipe-Confcommercio e Confesercenti fanno pressione su questo. Il Comitato tecnico scientifico non chiude alla possibilità. In tutta la Liguria sono circa 13mila i bar, ristoranti, pub, enoteche, pizzerie e agriturismi coinvolti nelle misure.

A pesare per tutti gli operatori del settore è la continua altalena di decisioni. Le incertezze e i cambiamenti di programma che non aiutano a programmare le attività. "E' stato un anno difficilissimo - spiega Ezio, ristoratore di Imperia -. Non critico le decisioni fin qui prese perché a tutti capita di sbagliare un piatto, ma quando si sbaglia si porta via e si rifà nuovamente. I ristori sono arrivati, quello che non arriva sono gli aiuti per pagare gli stipendi ai dipendenti". L'idea di tenere aperta la sera darebbe respiro a molte attività.

"Quest'anno di Covid ha portato disagi pesati a tutti noi, non c'è nulla di più triste di avere un locale vuoto. Abbiamo perso le feste, dalla Pasqua al Natale, ora speriamo nell'estate" racconta Enrico, titolare di un agriturismo in val Graveglia. In un anno Una situazione che accomuna tutti gli operatori del settore. Negli ultimi dodici mesi si parla della perdita del quasi 50% del fatturato e circa una realtà su tre rischia di non aprire mai più.

Anche Stefano Bonaccini, presidente dell'Emilia Romagna e della Conferenza Stato-Regioni si è detto favorevole alla possibilità di far aprire i ristoranti per cena nelle zone a limitato rischio di contagi. Ora si aspettano i primi dpcm del Governo Draghi. Il neo premier ha annunciato che in futuro i provvedimenti di chiusura e apertura saranno stabiliti e comunicati almeno una settimana prima dell’entrata in vigore e alle misure di tipo sanitario dovranno affiancarsi quelle di ristoro economico. Prime mosse nell'attesa che la campagna vaccinale faccia il suo corso.