La diga foranea di Genova promette di cambiare il destino del bacino storico del porto della città e, di conseguenza, costituisce un grande vantaggio per l’intera comunità: eppure, come spesso accade nel capoluogo ligure, c’è una categoria che ha già iniziato a litigare per ‘grandi’ interessi di bottega. Neppure il tempo di presentare i tre progetti da discutere nel dibattito pubblico, infatti, e i terminalisti genovesi hanno iniziato ad accapigliarsi per ottenere dal progetto il massimo vantaggio personale, e magari penalizzare il concorrente e questo a scapito della visione più ampia e utile per tutti.
All’interno del gruppo ‘terminal operators’ di Confindustria Genova, la sezione degli industriali attivi nella gestione delle banchine portuali, si è accesa la solita guerra che vede, stavolta, contrapposte due fazioni: ci sono quelli che preferiscono l’accesso a levante, quelli che vorrebbero che le navi entrassero a ponente, entrambi accecati da considerazioni sull’interesse privato, legato alla posizione occupata da ognuno all’interno dello scalo. e come si potrebbero modificare gli accessi delle grandi navi a diversi terminal.
Un dibattito, quello che si è acceso in Confindustria, che non è all’altezza dell’importanza della città e del vero fine della nuova diga, il bene di Genova. Primocanale ha a cuore l’interesse di tutti, non di una sola parte, e ritiene che il futuro di Genova debba necessariamente passare per un complessivo ripensamento degli spazi e della vocazione del porto: una nuova diga è un passo decisivo in questa direzione.
L’attuale diga foranea, voluta e finanziata da Raffaele de Ferrari, è stata costruita tra il 1916 e il 1929: ha quindi ormai un secolo di onorato servizio ed è stata pensata in un quadro marittimo decisamente diverso rispetto a quello attuale. Non è solo un problema di permettere l’accesso alle grandi navi in diverse aree portuali ma primariamente la necessità di fare una nuova diga che traguardi ai prossimi 200 anni: questo si deve fare con una ‘vision’ che ponga meno limiti possibile a un futuro dei traffici che è difficile da interpretare.
Anche del punto di vista della sicurezza l’attuale concezione inizia a mostrare i suoi limiti, con il traffico delle navi e delle piccole imbarcazioni da diporto costretto negli stessi spazi. La nuova diga, poi, oltre a garantire la competitività del vecchio bacino portuale rappresenta il volano per un’ampia serie di opere di terra che renderanno più agevole l’accesso e l’uscita delle merci con una significativa spinta all’intermodalità ferroviaria, tassello decisivo per scaricare il nodo stradale e autostradale dal gigantesco flusso dei camion al servizio del porto. Qualcuno, per un proprio tornaconto, vuole fermare questa rivoluzione? Noi speriamo di no.
porti e logistica
La diga è della città e non dei terminalisti litigiosi
Primocanale invita a guardare al bene comune e non agli interessi dei singoli
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