cronaca

2 minuti e 31 secondi di lettura
Entro il giugno del 2022 la televisione digitale italiana cambierà pelle. E con essa il destino dell'emittenza locale. Sull'argomento, Maurizio Rossi, editore di Primocanale e senatore nella XVII legislatura della Repubblica, ha lanciato un allarme di ordine tecnico e di tipo politico. Quanto al primo, capisco che il passaggio non sarà così semplice come da alcune parti viene prospettato. Ma poiché tecnicamente possiedo solo conoscenze superficiali, mi astengo da valutazioni nel merito. Ci penseranno, lo spero proprio, gli esperti.




Sul secondo tema, quello politico, si possono e si devono fare delle considerazioni. Rossi parla di "caso Imperia", osservando che la frequenza di pertinenza dovrà non essere accesa, o esserlo molto debolmente, per non andare a disturbare il segnale del vicino Principato di Monaco e della adiacente Francia. Il risultato sarà che da Ventimiglia ad Ospedaletti le emittenti locali o non potranno essere viste, e in altre zone dell'Imperiese accadrà lo stesso, oppure saranno captate  molto male. Dico captate perché vederle è altra cosa: avete presente gli squadratamenti quando c'è brutto tempo, ad esempio? Ecco, parlo di quella roba lì.



Ora, c'è chi prova addirittura a vivere senza apparecchio televisivo in casa. Ma la stragrande maggioranza degli imperiesi, dei liguri e degli italiani lo possiede. Inoltre, laddove la popolazione è più anziana, la tv è molto più di un semplice elettrodomestico. E l'Imperiese è una zona con molti anziani. Nella regione, la Liguria, con più anziani in Europa.




Dunque, c'è anche una criticità sociale che discenderà dalla riforma del sistema televisivo, così come tecnicamente concepito finora. Tanto per dire, le dirette televisive di Primocanale in caso di maltempo, finora garantite a tutti e sempre gratuitamente, nell'Imperiese non arriveranno più. O arriveranno parzialmente: l'esperienza di anni ci dice che questo apre anche una non marginale questione sul terreno della sicurezza.



Poi, e certo non secondario, c'è l'elemento squisitamente politico. Se l'emittenza locale non si vedrà, o si vedrà male, ci saranno ampie fasce di cittadini che non potranno essere raggiunte dalle ragioni delle diverse parti in campo quando si parlerà di elezioni regionali e comunali.



Se i candidati non potranno farsi pubblicità, né potranno partecipare
ai dibattiti o comunque essere parte dell'informazione che le televisioni locali fanno nelle occasioni elettorali, avremo un irreparabile vulnus per la nostra democrazia. Tanto più grave considerando che, giustamente, non si può chiedere ai network nazionali di fare da surrogati. Si tratta di una vera e propria discriminazione, assolutamente inaccettabile nell'epoca in cui l'informazione è determinante per la vita delle singole persone e delle comunità.


In Liguria c'è il "caso Imperia", nel resto del Paese ci sono le situazioni riguardanti tutte le altre zone di confine. Per restare nell'Imperiese, l'Italia non deve disturbare la Francia. E viceversa. Giusto. Ma questo non deve nuocere alla democrazia. E allora, finché c'è tempo, si corra ai ripari.