Percorrere la città di Imperia da un capo all'altro richiede più o meno lo stesso tempo per coprire la distanza non molto diversa che conduce da Diano Marina a Cervo. Solo che nel primo caso si resta sempre nello stesso Comune, mentre nell'altro se ne contano tre, dovendo aggiungere a quelli di partenza e di arrivo anche l'intermedio San Bartolomeo. E sfido chiunque a dire quale sia esattamente il confine che divide le tre municipalità.
Faccio questo esempio per dire che i dubbi sollevati sul provvedimento che impedirà nelle festività più attese dell'anno di muoversi fra un Comune e l'altro non sono infondate. Forse serviva modulare meglio questa scelta, magari coinvolgendo i governatori regionali, che non a caso, primo fra tutti il ligure Giovanni Toti, si lamentano molto del provvedimento, bollandolo come insensato.
Magari non lo è, invece. Solo che il premier Giuseppe Conte ancora una volta ha preferito annunciare che cosa dovremo e non dovremo fare, senza darci uno straccio di spiegazione. Voglio dire che il blocco della mobilità fra Comuni diversi può avere una sua logica. Più semplicemente può non avere alternative reali se si deve combattere con rigore la battaglia contro il covid. Ma perché Conte queste cose, e altre, non le spiega, non le motiva? Decide e basta. Così si finisce per sentirsi più sudditi che cittadini e non bisogna stupirsi se tanti ci si incazzano.
Allo stesso modo, un po' mi rode dover dire che le opposizioni hanno ragione a scapito dei giornalisti. Però, istituzionalmente non è effettivamente una bella cosa che del nuovo Dpcm si parli prima in una conferenza stampa e solo dopo venga almeno illustrato al Parlamento. Saranno pure un po' sputtanati i nostri deputati e senatori, però a Montecitorio e a Palazzo Madama noi ce li mandiamo a rappresentarci. Dunque, ogni mancanza di rispetto nei loro confronti è una mancanza di rispetto fatta a noi. E non si pensi che si tratti della solita retorica. In epoche drammatiche, anzi tragiche, come quella attuale, la forma diventa sostanza.
Difatti, è stupefacente che nella narrazione di giornata né Conte né un collega giornalista sentano il dovere di fare almeno un cenno al primato delle vittime: 993 morti in ventiquattro ore non si erano mai visti alle nostre latitudini, neppure nei momenti più bui della prima ondata. Il premier ci dice che i governanti nostri "sono stati bravi" mentre altri gazzettari ci informano che le terapie intensive sono meno affollate. E per forza, la gente muore! Più di qualcosa non torna.
Poi, certo, bisogna anche ammettere che al di là delle critiche e delle contestazioni (a volte anche di comodo, quando arrivano dalla politica) nessuno vorrebbe davvero essere al posto di Conte e dei suoi ministri, perché prendere decisioni in piena pandemia non è affatto facile.
Però bisognerebbe ascoltare di più il buon senso, un ingrediente che sembra smarrito nelle diverse ricette di questo Paese. Prendiamo la vicenda di Autostrade. I giudici del tribunale del riesame scrivono chiaro e tondo che l'ex amministratore delegato della società, Giovanni Castellucci, ha avuto "una totale mancanza di scrupoli per la vita e l'integrità degli utenti". Quindi, decidono l'interdizione per 12 mesi dalla sua attività di ingegnere e dagli uffici direttivi di persone giuridiche e imprese. Ci sta. Poi, però, dispongono la revoca degli arresti domiciliari. E allora non si capisce più. O meglio: si capisce che dal Covid ad Autostrade, è la solita Italia fatta più di ombre che di luci
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Dal Covid al caso Autostrade, ecco l'Italia delle ombre lunghe
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