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Paper intitolato 'The impact of Covid-19 on potential output in the euro area',
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Oltre un lavoratore su dieci è impiegato in imprese a rischio di fallimento in Italia, e la percentuale sarebbe più alta senza la cassa integrazione. L'impatto dello shock pandemico è peggiore solo in Spagna, fra le economie europee, dove a rischio è un lavoratore su sette. Lo rileva uno studio di quattro economisti che non riflette necessariamente l'analisi della Banca centrale europea, ma che la Bce pubblica nel suo bollettino economico.

Nel paper, intitolato 'The impact of Covid-19 on potential output in the euro area', la percentuale degli occupati in imprese con capitale circolante negativo e considerate vulnerabili è stimata a oltre il 10% con la cig, a quasi il 14% senza. In Spagna le due percentuali sono rispettivamente 14% e 17% circa. Sul totale delle imprese italiane, oltre il 20% di quelle italiane presenta capitale circolante negativo, oltre il 10% sono illiquide. Le percentuali salgono ipotizzando l'assenza della cig. La conclusione è che se gli aiuti alle imprese venissero ritirati troppo presto, potrebbe esserci una sorta di "effetto valanga" sull'economia dovuta alla distruzione di potenziale produttivo.

Il vaccino della Pfizer ha acceso la luce in fondo al tunnel
. L'illuminazione potrebbe diventare ancora più potente visto che sta arrivando sul mercato la prima cura farmacologica. Il colosso statunitense Eli Lilly ha ottenuto l'approvazione dalla Fda per una cura sperimentale da somministrare alle persone con sintomi di Covid-19 lievi o moderati, non ancora ricoverate. I progressi della ricerca medica hanno fatto bene alle Borse ma non solo. E' tutto il mondo dell'economia che aspetta la scienza la ricetta per superare la paura. La seconda ondata del coronavirus, infatti, si sta dimostrando molto più grave delle previsioni.

In Italia la produzione industriale a settembre è caduta molto più delle attese. Rispetto ad agosto il calo è pari al 5,6% e su base annua la retromarcia è pari al 5,1%. Dati ben peggiori delle previsioni. Gli analisti, infatti, stimavano un calo del 2% su agosto e dell'1,7% rispetto al 2019. La frenata si sta dimostrando molto più violenta del previsto. Sottolinea l'Istat che "dopo quattro mesi di crescita e il forte aumento registrato ad agosto, a settembre la produzione industriale diminuisce in termini congiunturali, registrando comunque un livello superiore dell'1,3% rispetto a luglio. Rispetto a febbraio 2020, mese subito precedente l'esplosione della crisi, il livello è inferiore di circa il 4% mentre, in termini tendenziali, l'indice corretto per gli effetti di calendario è più basso del 5,1%". Un andamento che preoccupa consumatori e categorie produttive.