cronaca

Celebrazione in cattedrale alla presenza delle autorità
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Una lunga omelia commossa, di circa 20 minuti, per quella che è la messa di congedo dell'arcivescovo di Genova, il cardinale Angelo Bagnasco che, dopo 14 anni, lascia la guida dell'arcidiocesi del capoluogo ligure. Al suo posto arrivera' il francescano padre Marco Tasca. Dopo essersi rivolto a bambini, adolescenti, giovani, adulti, famiglie, sacerdoti, autorita' civili e militari, istituzioni, il porporato ha riservato un caloroso pensiero alla sua città.

"A te, Genova, regina della Liguria.
il mio abbraccio. Mi hai accudito da piccolo tra le macerie del dopoguerra, in piazza Sarzano, negli antichi vicoli di via Ravecca, del Colle, di via Madre di Dio. Dalla mia famiglia e dalle tue case strette tra loro, come per proteggersi, ho imparato a vivere insieme, a faticare con serenita', ad accontentarmi di quello che c'era", ha detto Bagnasco che ha ricordato che "davanti Papa Francesco", in occasione della visita apostolica del 27 maggio 2017, "ti ho descritta come un diesel: non ti concedi a facili entusiasmi, ma osservi, valuti. E poi, messa in moto, parti con coraggio e punti alla meta".

Genova viene definita dal porporato "città bella ed esigente
" che deve ricordare i suoi monti e il suo mare e quel che significano: "Alle spalle hai i monti, terra dura e difficile, che i tuoi avi, donne e uomini, hanno conquistato col sudore: guarda questi monti che ti hanno protetta nei secoli e che oggi devi attraversare con velocita' e sicurezza per aprirti al nord dell'Italia e dell'Europa".

A causa delle normative anti covid
l'imponente cattedrale di San Lorenzo non e' gremita. Nei primi banchi il governatore Giovanni Toti e il sindaco Marco Bucci, insieme alle altre autorità civili e militari. Molti i fedeli che si sono concentrati all'esterno, nella piazza antistante, dove e' stato appositamente allestito un maxi schermo. Tutti distanziati ed ordinati, indossando mascherine, a salutare il loro arcivescovo.

IL TESTO DEL SALUTO DI MONS. NICOLO' ANSELMI

Eminenza Reverendissima

È per me un grande onore e una grande emozione essere qui oggi, a rivolgerle un saluto di gratitudine per i quattordici anni di episcopato durante i quali ha guidato come pastore la nostra Arcidiocesi.

Lo faccio a nome di tutta la Chiesa genovese, sacerdoti, religiosi, consacrati, laici e di tutta la città. In questi anni ci siamo accorti di come lo Spirito Santo che l’ha consacrato nel Battesimo e nell’Ordine Episcopale, l’ha anche condotto nel suo ministero fra noi.

Personalmente sono rimasto impressionato da come il Signore si sia fidato di lei affidandole contemporaneamente incarichi veramente complessi: la guida di una Arcidiocesi, la presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, la presidenza del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, la partecipazione a tre assemblee Sinodali sono il segno chiaro che lo Spirito Santo ha avuto bisogno di lei e lei ha risposto con generosità e impegno a queste molteplici chiamate; con l’aiuto del Signore e con molta fatica lei è riuscito a fare la volontà di Dio.

Non credo le sia stato difficile amare profondamente i genovesi e la nostra città e di questo ce ne siamo accorti e la ringraziamo. Dopo il suo ministero a Pesaro e nell’Ordinariato Militare, ritornare tra i “caruggi” dove è cresciuto da bambino, in via Balbi sede dell’Università dove ha studiato e fra le parrocchie dove è maturato come sacerdote deve essere stata per lei una grande gioia e questo sentimento è venuto fuori in ogni omelia, ogni suo gesto, in ogni breve discorso.

Ci siamo accorti del suo amore per Genova e per la Chiesa genovese
nei momenti belli ed in quelli tragici e dolorosi, durante le visite di Papa Benedetto XVI e Papa Francesco, nei giorni delle alluvioni e del crollo del ponte Morandi, nelle giornate del Congresso Eucaristico Nazionale e in questo tempo di pandemia.

Grazie Eminenza perché durante questi quattordici anni lei è stato un protagonista fermo, sicuro ed equilibrato di molti cambiamenti, sia ecclesiali che sociopolitici; ritengo che uno dei suoi meriti più grandi sia stato quello di rimanere un riferimento saldo di fronte a molte tensioni religiose e scontri etici, culturali e sociali. Noi sacerdoti e i suoi più stretti collaboratori abbiamo molto apprezzato il suo grande amore per la Chiesa, sua e nostra sposa, presenza viva di Gesù oggi; la sua cura della predicazione, dell’insegnamento magisteriale, della liturgia e la fedeltà alle indicazioni pastorali della Chiesa italiana e universale sono stati per tutti noi un grande esempio.

Grazie Eminenza anche perché noi genovesi abbiamo avuto la possibilità ed il dono di poterla conoscere di persona; quanta gente, in questi anni ci ha detto frasi del tipo: “a vederlo da lontano durante le celebrazioni e le cerimonie istituzionali il Cardinale  sembra una persona fin troppo seria ma poi quando lo conosci di persona è così  amabile, gentile, simpatico; ti ascolta e senti che ti vuole bene”. Noi genovesi siamo fatti tutti un po' così.

Grazie Eminenza per il suo amore per il clero. Lei è stato compagno di Seminario di molti di noi, professore e padre spirituale di altri; a molti ha donato il Sacramento dell’Ordine. E’ stato molto bello vedere il suo impegno e desiderio di celebrare i funerali di tutti i nostri preti e le esequie dei nostri genitori. Grazie per la pazienza paterna che ha avuto con noi sacerdoti, con chi ha attraversato momenti difficili; in alcuni casi direi una pazienza teologale, che veniva direttamente da Dio, dal Padre Misericordioso. Grazie per il suo amore per le famiglie; molte volte ultimamente l’ho sentita dire che, camminando per la strada, incontrando famiglie con bambini, le sembrava di vedere Dio, la Santissima Trinità.

Come ogni pastore ha portato nel cuore i giovani,
gli anziani, i missionari, i malati e i bisognosi, italiani e stranieri. In tempi difficili ha incoraggiato la diocesi, con i fatti e non solo a parole, a rendersi disponibile all’accoglienza dei nostri fratelli migranti e la Chiesa genovese ha fatto la propria parte in questa emergenza globale. In ogni nostro Consiglio Episcopale, sempre, dopo le questioni riguardanti i sacerdoti, si parlava di Carità e successivamente si operava, senza fare troppo rumore, con le possibilità derivanti da una gestione amministrativa sobria e attenta, capace di evitare gli sprechi, secondo lo stile genovese noto nel mondo.

Mi sembra di poter dire di aver visto in lei
una particolare simpatia per i lavoratori, per chi fatica, per chi fa il proprio dovere ogni giorno nel silenzio, nella quotidianità, lontano dai riflettori. Quando ritornava dalle Sante Messe celebrate nelle fabbriche era sempre luminoso, edificato dalla testimonianza di fede di chi lavora. Vorrei ricordare anche la sua attenzione per i cattolici di altri riti e per i cristiani di altre confessioni. Alcuni fratelli ortodossi celebrano le liturgie all’interno di chiese messe a loro disposizione dall’Arcidiocesi. Per ovvie ragioni mi devo fermare anche se le cose da dire sarebbero ancora moltissime; altri, tutti, potrebbero raccontare altrettante attenzioni del suo episcopato. Lei rimarrà ancora a Genova ad offrire a Dio il suo servizio al Regno del cielo, probabilmente in modo più nascosto ma sempre efficace. Siamo certi che ci ricorderà nella celebrazione del Sacrificio Eucaristico, ci porterà con lei nel cuore e sull’altare.

La affidiamo alla Beata Vergine Maria della Guardia e Regina di Genova che lei ha tanto amato e ci ha insegnato ad amare.  In un celebre dialogo evangelico tra Gesù e Pietro il Signore chiede per tre volte all’apostolo se lo ama, se gli vuole bene. Eminenza noi ci siamo accorti di quanto Dio le voglia bene, del bene che lei vuole a Dio e a tutti noi, secondo una commovente catena di amore. Anche noi le vogliamo bene, la amiamo, la ringraziamo. Preghiamo per lei e per il nuovo Arcivescovo che lo Spirito Santo ci ha inviato. Grazie Eminenza, il Signore la benedica e la ricompensi. Grazie di cuore a nome di tutta la diocesi. 

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Molto attesa è stata poi l'Omelia del Cardinale Angelo Bagnasco, un caldo e partecipato saluto alla sua città in tutte le sue dimensioni


L'OMELIA DEL CARDINALE ANGELO BAGNASCO


1. Il fiume della vita

L’ora del saluto è giunta: gli anni scorrono veloci verso l’oceano della vita eterna. L’esistenza è come un fiume: scaturisce dalla sorgente del Creatore, raccoglie rivoli, ha percorsi lineari e tranquilli, incontra ostacoli inattesi, viaggia a cielo aperto con ogni tempo, conosce penuria e abbondanza, lotta con anse improvvise che sembrano voler distrarre il suo corso, e a volte con rapide che possono rompere la sua compattezza e disperderlo in rivi e paludi. Comunque, il fiume della vita lascia il segno nella terra, tra case, montagne e pianure, tra presenze e solitudini.

Solo Dio, che vede il percorso e il cuore, può valutare e fare bilanci. Egli vede il bene, le lacune e gli errori: vede la rettitudine della coscienza, l’amore per Genova, mia casa e famiglia, per il mio Clero e il popolo, tutto il popolo. A noi, il compito di affidarci alla sua misericordia con la semplicità del bimbo in braccio all’Amore. Consegnarmi al suo sguardo, nel quale ho cercato di vivere ogni giorno - sguardo che va oltre apparenze e stereotipi di politica, di ideologia e di potere - dona serenità e pace: e questo basta.

Ognuno è se stesso: anche l’umanità del Vescovo entra nella storia della sua Chiesa, si intreccia con lei, la segna e ne è segnato, consapevole che crescere nelle responsabilità non desiderate e non cercate, obbliga ad un amore più grande, e che amare non è mai a buon mercato, ma a caro prezzo. Significa servire nella verità e nel bene ricordando le parole di Gesù: “Padre, per loro io santifico me stesso, perché anch’essi siano santificati nella verità” (Gv 17,19).

2. La scuola di Dio

Convinto di non tornare più a Genova, portai le spoglie di mia madre dal cimitero di Staglieno al piccolo camposanto del paese dove vive mia sorella con la sua famiglia; ma la Divina Provvidenza aveva previsto diversamente, e la mia nomina ad Arcivescovo della “lanterna” mi colse di sorpresa, suscitando sentimenti di gioia e di timore.

A volte, prima dei miei quarant’anni, riflettevo sul fatto che non ero stato toccato da situazioni di vero dolore come vedevo, invece, nella vita di altri. Mio padre, uomo che parlava poco e con poco diceva molto, sazio di bontà e di anni era salito al cielo nella pace, circondato in casa dal nostro affetto. Perché io ero stato risparmiato fino ad allora? All’improvviso, si ammalò la mia carissima mamma, e si spense il sole: iniziò una nuova fase e conobbi nella carne viva la sofferenza, scese un buio dove solo la piccola luce della fede mi permetteva di affrontare ogni giorno.

Noi, esseri umani, ci abituiamo anche alle cose più belle: la loro assenza sembra impossibile, ma così non è, e viene il momento! In quei dieci anni di assistenza in  tutto, imparando a mettere insieme gli impegni pastorali con i doveri di figlio, compresi che il Signore mi aveva messo in una scuola nuova e più alta, quella del dolore: forse, voleva formare il mio piccolo cuore per altri compiti. Quante volte, successivamente, sono tornato a quella scuola di vita, dove Dio mi aveva insegnato la fiducia, la pazienza, il sacrificio che è l’altro nome dell’amore, la tenerezza che vedevo attorno a me, l’umile affidamento di chi era ammalato, la Provvidenza che interveniva assumendo nomi e volti impensati. Allora, toccai con mano ciò che avevo ascoltato tante volte, che tutto è grazia.

3. Scrivo a voi

Giunto ora all’ultima rampa del mio pellegrinaggio, mentre ci prepariamo ad accogliere con gioia e affetto il nuovo Arcivescovo, Mons. Marco Tasca, desidero indirizzarvi ancora alcune parole. Dico una parola a voi bambini, germoglio della vita: sappiate ringraziare e
siate docili a chi vi ama con amore puro. Scrivo a voi adolescenti: non abbiate paura delle vostre interiori turbolenze, Gesù vi è accanto, ascoltate la sua voce. Scrivo a voi giovani, primavera del mondo: non sbagliate la vita. Esistono altezze che neppure si possono immaginare, ma che l’anima può raggiungere e che viaspettano. La cultura di oggi non vuole che siate persone consapevoli e libere, ma ricordate: solo la verità libera da menzogne e miti, e la verità è Cristo. La sua parola è alta ma non tradisce.

Scrivo a voi famiglie, culla insostituibile della vita, palestra di umanità e di fede. Voi non siete qualcosa da sostentare, ma la prima realtà su cui investire. Siete il patrimonio più grande, senza di voi non c’è futuro. La Chiesa vi è vicina: siate focolari di preghiera e di rigore educativo. Scrivo a voi adulti, che siete nel pieno delle forze e che avete responsabilità gravi: non è importante sentirvi importanti, ma essere utili. In ognuno di noi c’è qualcosa che nessuno può strapparci o uccidere. Scrivo a voi anziani: non siete nostalgici narratori del passato, ma depositari di una saggezza che indica ciò che vale. Gli anni ci hanno fatto vagliare le cose e guardiamo le giovani generazioni con affetto. Il nostro sguardo forse è segnato dal disincanto, ma non certo dal pessimismo che rende amari i giorni e intristisce gli altri. Di questo sguardo, patinato di fiducia e pazienza, il mondo ha bisogno. Una parola a voi carissimi Sacerdoti, confratelli ed amici: grazie per la pazienza che avete avuto e per la benevolenza con cui mi avete accolto. Perdonate ciò che posso avere trascurato: la nostra indole è schiva e non tende a metterci in mostra, ma ci rende concreti e fedeli.

Insieme a voi, un grato pensiero
va a coloro che hanno condiviso più da vicino le mie responsabilità, i nostri Vicari Generali, i Provicari e i Vicari Episcopali. Non posso tacere, inoltre, la mia affettuosa gratitudine a S.Ecc. Mons. Martino Canessa, Vescovo Emerito di Tortona: tornando tra noi, è stato per me amico e sostegno, per tutti presenza umile e amata. Cari Confratelli, l’emergenza sanitaria è stata come un lungo sabato santo e ha pesato anche su di noi: abbiate pazienza e fiducia, la gente ha bisogno di voi, ha bisogno della vostra fede. Per questo verrà a cercarvi. Ma vi prego: state uniti, anzi state stretti al Vescovo e tra voi come al Signore. Siamo dei poveri uomini, ma abbiamo consacrato la vita per lasalvezza delle anime: non cerchiamo glorie umane, ma la gloria di Dio.

Avanzando gli anni, questa verità brilla come il sole e pacifica. Come non ricordare i membri della vita consacrata? Ci ricordate che solo Dio
basta, e che fuori di Lui l’esistenza diventa opaca. In questo orizzonte, anche la multiforme realtà del volontariato, bella tradizione genovese, sa che quanto più ci lasciamo amare da Dio tanto più siamo capaci di servire il prossimo nel segno della gratuità e della perseveranza.

A voi cari seminaristi rinnovo il mio affetto
e la gioia di vedervi: non
scoraggiatevi mai e non arretrate. Mettere nelle mani di Gesù tutto di voi e per sempre è grazia che riempie il cuore e la vita. Sono riconoscente ai Rappresentanti di altre Confessioni cristiane: la vostra presenza è un atto di fraternità che mi commuove, e che rafforza il vincolo di preghiera al Signore che ci ama.

4. A te, Genova

Qui, nella nostra splendida cattedrale custodita dal Capitolo dei Canonici, attorno all’altare il pensiero conclusivo è per te Genova. Alle Autorità civili e militari, alle Istituzioni che da quattordici anni guardano l’Arcivescovo e la Diocesi con benevolenza e fiducia, esprimo la mia commossa gratitudine e il mio cordiale saluto ed augurio.

Il rispetto reciproco ha ispirato proficue collaborazioni per il bene comune, e i nostri Sacerdoti, sparsi ovunque, ne sono testimoni, come pure la storica vicinanza della Chiesa ai lavoratori e alle loro famiglie fin dal 1943. I cappellani del lavoro ne sono prova discreta e fedele, convinti che a nulla giova il muro contro muro, e con lo sguardo teso all’occupazione, alla dignità, al pane e allo sviluppo, e questo in tempi di sole o di nubi, di successo o di amara delusione.

Purtroppo, è un esempio unico, questo, in Italia. Cari lavoratori, se sarò considerato vostro amico sarà per me un onore: la vostra vicinanza mi ha ricordato il duro lavoro di mio padre in fabbrica, e di mio nonno nel nostro porto. Spesso nei vicoli mi avete fermato per un saluto, una confidenza, una preghiera, un caffè. Confesso che questi semplici gesti mi hanno incoraggiato, e resteranno tra i ricordi più belli. Un grazie a voi, operatori dellacomunicazione: abbiamo imparato a conoscerci, ed è cresciuto l’apprezzamento per il vostro compito di informare e formare.

A te Genova, regina della Liguria, il mio abbraccio. Mi hai accudito da piccolo tra le macerie del dopo guerra in piazza Sarzano, negli antichi vicoli di via Ravecca, del Colle, di via Madre di Dio… Dalla mia famiglia e dalle tue case, strette tra loro come per proteggersi, ho imparato a vivere insieme, a faticare con serenità, ad accontentarmi di quello che c’era: vedendo i loro sacrifici senza lamenti, ho desiderato che i miei genitori fossero contenti di me e per questo mi sono applicato. Bambino, ho respirato la fiducia nel futuro che tutti dovevamo costruire, un crescente senso di appartenenza ad una città che sentivamo orgogliosamente nostra.

A te, dunque, il mio abbraccio.
Davanti a Papa Francesco - che ancora ringrazio per la fiducia che mi ha sempre mostrato, per la sua Visita Apostolica, e per il Pastore che  invia – ti ho descritta come un “diesel”: non ti concedi a facili entusiasmi, ma osservi, valuti, e poi – messa in moto – parti con coraggio e punti alla meta. La tua storia spiega un riserbo che può apparire distacco, ma che in realtà preserva la bellezza della tua anima, custodisce la preziosità dei tuoi sentimenti, quei sentimenti che ho visto tante e tante volte percorrendo le tue strade.

5. Tra monti e mare

Grazie, Città bella ed esigente, perché mi hai accolto come tuo Pastore e insieme abbiamo camminato. Ma ricorda: alle spalle hai i monti, terra dura e difficile che i tuoi avi, donne e uomini, hanno conquistato col sudore. Guarda questi monti che ti hanno protetta nei secoli, e che oggi devi attraversare con velocità e sicurezza per aprirti al nord dell’Italia e dell’Europa. Guarda i tuoi monti: ti accorgerai che ti costringono ad elevare lo sguardo verso il cielo, verso Dio che ti trascende e ti accompagna. Dall’alto vedrai meglio te stessa e i tuoi figli.

E poi, hai davanti il mare, luogo delle tue origini; mare solcato alla ricerca di sopravvivenza e di miglioramento. Non dimenticare il tuo mare: esso parla dell’ardimento dei padri, di fatiche, coraggio, sacrificio, dell’amore per la famiglia. Guarda il tuo mare che ti invita da secoli ad osare, a intraprendere, ad accettare le sfide, a non temere l’incognito, ad essere città aperta…. a guardare lontano fino all’orizzonte dove la terra s’incontra con l’infinito. Quella linea parla anche dei confini della nostra vita, del tempo che scorre, della finitezza delle cose.

Mare e monti sono il grembo che ti ha generata: continuino ad essere il richiamo della tua coscienza civile, morale e religiosa: tutto ti porta a Dio, al cielo,dove le stelle orientano e fanno compagnia. La tua concretezza ti preservi da lusinghe, e i tuoi piedi siano fermi sui monti come sul mare: lo sguardo sia fisso alla meta, la decisione intrepida, il passo sicuro anche quando l’acqua è mossa e il terrenoscivola. San Giovanni Battista ti accompagni per il presente e per il futuro.

L’ultima parola è a te, o Maria, grande Madre di Dio e nostra, che Genova ha voluto incoronare nel 1637 Regina, e che campeggi sull’antico altare. Il primo raggio di sole è per te: attraverso le vetrate dei nostri Santi ti avvolge le spalle come un manto di luce. Per te è l’ultimo sole della sera, che illumina il rosone e dà calore alla tua regalità materna. Tra venti favorevoli o contrari, continua a mostrarci Gesù che porti in grembo: benedici la nostra Chiesa, la Città, le famiglie. E benedici anche me, figlio di questo popolo. Amen.

Angelo Card. Bagnasco
Amministratore Apostolico di Genova