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Sul tavolo anche la ripertura ai confini Ue, la Grecia blocca gli italiani
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Il 3 giugno resta il 'd-day'. Dalla prossima settimana gli italiani potranno spostarsi da una regione all'altra senza restrizioni e senza doversi portare in tasca la tanto temuta autocertificazione. Piemontesi, lombardi e valdostani potranno raggiungere quindi la Liguria per la seconda casa o per respirare lo iodio del Mar Ligure. La decisione è arrivata dopo una riunione di un paio d'ore tra il premier, Giuseppe Conte, i capi delegazione delle forze di governo, e il ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia.

A convincere Palazzo Chigi ad ammainare l'ultimo vessillo del lockdown sono i dati del monitoraggio dell'Iss sulla prima settimana di 'sblocco', che hanno evidenziato l'assenza di particolari criticità, nonostante manchi ancora l'omogeneità su tutto il territorio. Motivo, questo, che aveva fatto ipotizzare lo slittamento di un'altra settimana per la riapertura. Anche perché Boccia ha respinto con forza proposte come i 'passaporti sanitari' o il via libera a macchia di leopardo.

Sullo sfondo resta comunque l'invito del ministro della Salute, Roberto Speranza
, a proseguire sulla strada della "gradualità e della cautela". Ma "al momento non ci sono ragioni" per cambiare i programmi sugli spostamenti. Anche se "monitoreremo nelle prossime ore l’andamento della curva", assicura il responsabile del dicastero di Lungotevere Ripa. Ora manca il passaggio con i governatori, che attendono una convocazione dal governo e non è escluso che possa arrivare già domani. "I dati sono sostanzialmente in linea con gli indicatori, aspettiamo un confronto con l'esecutivo nelle prossime ore", spiega il presidente della Liguria, Giovanni Toti. Per Luca Zaia è "fondamentale" rimuovere i blocchi senza alcuna distinzione, anche se "capisco le preoccupazioni di alcuni colleghi, che si sentono un po' la mamma dei loro cittadini e vogliono proteggerli. Ma abbiamo necessità di spostarci e io mi auguro che si possa aprire tutti insieme, anche a livello europeo".

Si va verso la conferma anche della riapertura dei confini italiani
agli altri Paesi europei a partire dal 3 giugno, senza obbligo di quarantena, come previsto dal Dpcm varato il 17 maggio scorso. Sul tema, però, i primi segnali dall'Europa non sono incoraggianti. La Grecia ha dato l'ok dal 15 giugno all'accesso ai cittadini di 29 Paesi, ma non dall'Italia. Una mossa che il governatore veneto non digerisce: "Non mi sta bene quando ci additano come Wuhan d'Europa. Perché si aprono i confini magari francesi e i nostri no, quando la Francia ha avuto la stessa pandemia, solo più tardi. Il ministero degli Esteri deve farsi sentire". Il dito è puntato verso l'Ue: "La regia comunitaria non c'è, perché l'Austria può decidere da sola? Qui è tutto fai da te, non c'è riferimento europeo".

Tra le regioni c'è chi chiedeva di "non essere frettolosi"
, come Enrico Rossi. Alla Toscana, infatti, non dispiace l'idea di rimandare la riapertura di qualche giorno "in attesa di maggiore uniformità dei dati". Stesso concetto espresso dal capo politico del M5s, Vito Crimi, a cui non piacciono le "aperture a singhiozzo", né le discriminazioni: "Chi viene dalla Lombardia non deve essere visto come un 'untore' o portatore di virus, i cittadini hanno sofferto". Non è l'idea della governatrice della Calabria, Jole Santelli, per nulla preoccupata dell'arrivo dei lombardi: "Anzi, gli chiedo di venire". L'invito è rivolto anche al sindaco di Milano, Beppe Sala: "Lo porterei a fare un giro delle nostre bandiere blu". Dal 3 giugno potrà farlo liberamente.

Per riaprire i 'confini' non c'è neanche bisogno di un nuovo Dpcm. Decidendo di riaprire tutto il paese, il governo deve però tenere conto che gli scienziati hanno sottolineato che il virus è tutt'altro che sconfitto, visto che sono già stati individuati "nuovi focolai" e che la situazione è "epidemiologicamente fluida" in molte Regioni. Dunque se anche si decide di riaprire ci deve essere il "rispetto rigoroso" delle misure di distanziamento, igiene e divieto di assembramento. Non solo: i sistemi sanitari devono continuare a essere rafforzati per fronteggiare una possibile risalita dei contagi e bisogna essere pronti a isolare eventuali zone rosse. Perché queste sono le uniche 'armi' a disposizione per contrastare la diffusione del Covid-19.