Cronaca

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"Stavo soprattutto nell'ufficio di trattazione degli atti e dalla mia postazione non ho sentito urlare né ho visto episodi di violenza che avvenivano mentre transitavo nei corridoi". Così si è difeso questa mattina l'allora vicecapo della Digos genovese Alessandro Perugini, imputato al processo per le violenze avvenute alla caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova, davanti al Tribunale presieduto da Renato De Lucchi. Perugini, primo di 45 imputati per le violenze di Bolzaneto ad essere sentito in aula, in quanto livello apicale per la polizia di Stato a Bolzaneto, è accusato di abuso d'ufficio, abuso d'autorità contro detenuti o arrestati e di non aver impedito che si esercitassero violenze contro alcuni manifestanti. Perugini ha spiegato: "avevo alcune perplessità sulla gestione dell'ordine. Venerdì avevamo disposto che la polizia si fermasse a vigilare i fermati portati, sabato invece un contingente di carabinieri venne deputato alla sorveglianza. Poi domenica notte quando andammo via non ci siamo interessati alla questione". Perugini ha aggiunto che durante le giornate a Bolzaneto ha "avuto visuale sul corridoio e sono andato una o due volte nel corridoio delle celle. Li ho visti in piedi con la faccia al muro, ma non ricordo altro. Donne - ha precisato - non ne ho viste in nessuna circostanza". Perugini ha detto di aver parlato brevemente solo con un paio di fermati: "Fournasier, al quale dissi che non potevo fare niente per lui"; un fermato di Spezia (identificato dal pm Petruzziello come Ferrazzi) voleva chiamare il padre a Spezia e "io provai col mio cellulare". Perugini ha confermato l'episodio dei gas urticanti: "tornai poi nelle celle sabato con l'ispettore La Rosa e un tenente a controllare perché da fuori avevano spruzzato del gas urticante". Perugini suggerì di mettere un carabiniere all'esterno delle finestre e sollecitò eventuali visite in infermeria per chi fosse stato irritato dai gas, "ma non ho fatto nessuna nota - ha ammesso -; nell'immediatezza c'erano da fare tante cose, ma informai la Poggi". Perugini ha sottolineato la concitazione delle giornate in cui i fermati venivano identificati: "c'era un continuo afflusso di gente sia nell'edificio principale che all'accompagnamento al fotosegnalamento nella palazzina vicina e c'erano in giro uomini di diversi reparti: polizia, penitenziaria e carabinieri. Sabato addirittura un centinaio sostavano nel cortile e chiesi di diradarsi". Della visita dell'allora ministro Castelli Perugini ha detto: "l'ho visto transitare dal mio ufficio, ma non l'ho accompagnato. Si fermò una decina di minuti". (Ansa)