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a tutti i “detenuti” del coronavirus, che dai loro terrazzini ci salutano mentre facciamo le interviste, e ci ringraziano.
Grazie,
a tutti quelli che restano a casa, perché hanno capito.
Grazie,
a chi ci rilascia una intervista.
Grazie,
a chi ha le lacrime agli occhi perché non sa se riuscirà a pagare gli stipendi ai dipendenti, prima ancora che a sè stesso,
e grazie ai dipendenti che lavorano senza certezza di prendere lo stipendio.
Grazie,
a chi va a lavorare con la paura del contagio,
e a chi sta casa perché il lavoro non ce lo ha più e vorrebbe uscire a lavorare.
Grazie,
al mondo sanitario, dal primario fino all’addetto alle pulizie degli ospedali.
Grazie,
a tutti quelli che resistono perché intanto non c’è alternativa.
Grazie,
a chi inventa geniali gag per farci sorridere nonostante tutto.
Grazie,
ai telefonini che ci fanno sentire meno soli.
Grazie,
a quegli sguardi disorientati e spaventati che ci fanno sentire così uguali gli uni agli altri, in questa follia collettiva.
Grazie,
a questa solitudine
che ci unisce tutti
facendoci sentire in compagnia.
P.S. Impressioni dopo due settimane a girovagare per città deserte. Affacciatevi alle finestre, salutateci, chiamateci, convocateci, rispondeteci, sorrideteci, sfogatevi, fateci un cenno. Ci saremo.
IL COMMENTO
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