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Quello che abbiamo vissuto a causa di questa surreale trattativa è stato uno psicodramma che ha coinvolto tutti. Una commedia pirandelliana giocata sulla pelle della Sampdoria e messa in scena nel teatrino genovese di sponda blucerchiata in cui ogni attore ha recitato la sua parte col fine di perseguire i propri interessi a seconda dei casi economici, d’immagine o di riposizionamento.

Ferrero, che ha parlato troppo, dannosamente, e spesso nelle sedi che definire inopportune è un eufemismo, ma soprattutto che ha cercato in tutti i modi ottenere più soldi possibili, non capendo che “più soldi possibili” li avrebbe ottenuti probabilmente a giugno, e che comunque, per la vecchia legge della domanda e dell’offerta, il valore di un bene è stabilito da quanto qualcuno è disposto a pagarlo; Garrone, che voleva affrancarsi dal Peccato Originale, tanto più perché a battezzarlo sarebbe stato Vialli; Romei, per non rovinare l’estenuante lavoro di mediazione che lo ha visto oscuro protagonista sia nelle vicende societarie che in quelle specifiche della trattativa; i social, che hanno esasperato questo delirio collettivo creando notizie allucinanti e alimentando false speranze; qualche media d’assalto, che, coprendosi di ridicolo, talvolta ha dato perfino credito a certi fake o sparato a titoli cubitali la cessione come avvenuta solo perché tutti, tranne il diretto interessato, la davano per scontata; i tifosi, che desiderosi di liberarsi di Ferrero e abbagliati dalla luce di Vialli (le azioni del Viperetta, peraltro già abbondantemente svalutate sono precipitate quando si è palesata questa magnifica possibilità),
hanno vissuto la trattativa in modo viscerale, acritico e con un interesse così totalizzante da diventare spesso il loro unico argomento di conversazione.

Perfino Vialli insegue i suoi interessi, con una fondamentale differenza rispetto a gli altri, il suo è un interesse nobile, sincero, commovente oserei dire, spinto dal desiderio di coronare un sogno: quello di diventare Presidente della sua squadra del Cuore. E poi ci sono i cosiddetti “americani”, due ricchissimi signori d’oltreoceano ai quali è stata prospettata la possibilità di acquistare una Società di calcio italiana facendo un ottimo affare, ma per i quali comprare la Sampdoria o una squadra di curling neozelandese era sostanzialmente la stessa cosa. Questi hanno valutato, incaricato chi di dovere di stabilire un prezzo, e su quel prezzo più o meno sono restati, salvo poi abbassarlo, tant’è che se non fosse intervenuto Garrone la questione si sarebbe già chiusa a marzo. Un affare come un altro, una trattativa come un’altra, che hanno portato avanti in base alle loro consolidate modalità operative e ai loro legittimi interessi economici. Fino a un anno fa non sapevamo neppure chi fossero e loro non sapevano neppure cosa fosse la Sampdoria, perché avrebbero dovuto appassionarsi o pagarla quanto chiedeva Ferrero? O pensavate che solo perché sono andati a mangiare trofie al pesto a capo Santa Chiara, probabilmente a scrocco (il motivo per cui Knaster ha lasciato cadere la giacca col portafoglio in mare) si fossero innamorati di Genova e della Sampdoria? Tra l’altro prima avevano visitato lo stadio, e già si erano depressi, ma, e questo è uno scoop che vi regalo, Dinan ha chiesto di andare in bagno. Panico. Poi Bosco, facendo l’errore della sua vita, lo ha accompagnato in uno dei distinti. Quando è uscito è andato da Knaster e gli ha detto: li hai visti i cessi? Dieci milioni di meno. Scherzi a parte (ma mica tanto scherzi), semmai è stato Ferrero, l’unico che diceva di non credere a questa trattativa, a credere di poterla alla fine spuntare e a condurre di conseguenza una campagna acquisti estiva sgangherata e condizionata dalla trattativa stessa, facendo quindi un errore madornale per un buon imprenditore: non guidare la sua azienda come se la trattativa non esistesse.

Ma ora è venuto il momento di dire basta, sospendere il giudizio, il che beninteso non significa assolvere, essere buoni o non chiedere il conto a chi eventualmente dovrà pagarlo, ma per adesso, e ripeto per adesso, vuol dire dimenticarci di chi ha speculato con chi, dei se o dei ma, delle porte chiuse o degli spiragli che forse si potrebbero aprire. Intendiamoci, tutti i conti restano ancora sul tavolo, e non mi riferisco solo a quelli sui torti o le ragioni della mancata cessione che li avrebbe magicamente per noi risolti, ma, appunto, ai problemi giudiziari e fallimentari di Ferrero e di società collegate in qualche modo alla Sampdoria. Adesso, tuttavia, dipende solo da quali sono le nostre priorità. Se l’obiettivo è la distruzione di Ferrero allora approfittiamone, anzi sapete cosa vi dico? Gufate, più o meno inconsciamente ma gufate, sperate che si perda le prossime quattro partite, ma se la priorità è la salvezza, allora stringiamoci intorno a Ranieri per aiutarlo ad aiutarci.

Ognuno dovrà fare la sua parte: media, giocatori e tifosi, ma più di tutti la dovrà fare Ferrero, facendo non uno, ma cento passi indietro mediatici, in altri termini tacere, rigorosamente tacere, sfuggendo ogni intervista, ogni battuta, ogni dichiarazione riguardante la Sampdoria e ancor di più la trattativa, possibilmente evitando anche di palesarsi nell’etere, perché, ormai, per come è vissuto il personaggio dalla tifoseria, ogni intervista, ogni battuta, ogni dichiarazione che rilascia, fosse anche la più limpida, pacata e argomentata, finisce inevitabilmente col creare un danno, a se stesso e alla Società. Questo è, se l’è cercata, che se ne faccia una ragione, che non pensi di mettere pezze sui buchi perché non sono rattoppabili. Il silenzio dovrà essere il suo Imperativo Categorico (e chissà che proprio il silenzio non favorisca il riaprirsi di quello spiraglio), e nel contempo dovrà lasciare esclusivamente nelle mani e nelle parole di Ranieri i rapporti con la stampa. Una nube tossica ha avvolto tutto, ha stritolato Di Francesco, e se non si accantonerà questa paradossale vicenda, stritolerà anche Ranieri, e con lui la squadra, i tifosi, la Società. O la si spazza via o si finirà in serie B. Non ci sono alternative.