cronaca

Al convegno organizzato alla sala Cap di Genova
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"Tutti i ponti progettati da Morandi ma anche quelli simili da quelli di Maracaibo a quello di Wadi al-kuf in Libia sono in esercizio perché hanno avuto un minimo di manutenzione" a dirlo il professor Mario Petrangeli allievo di Morandi e oggi uno dei più noti ingegneri progettisti civili italiani durante il convegno nazionale ‘Salvare il ponte Polcevera’ organizzato a Genova.

“La manutenzione dei ponti progettati da Morandi - spiega Petrangeli - poteva essere nei casi più favorevoli ordinaria o nei casi più difficili straordinaria come è stato fatto nel ponte in Libia di Wadi al-Kuf nel 1999/2000 e che io ho seguito ed è stato realizzato da un consorzio di ditte italiane: quel ponte che aveva bisogno di qualche intervento ora è perfettamente in funzione”.

L’allievo di Morandi ci tiene a sostenere con forza il proprio maestro e a difenderlo dalle accuse arrivate subito dopo il crollo: “Avendolo conosciuto personalmente so quanta passione e quanto spirito di innovazione avesse, Morandi rimane a livello internazionale uno dei maggiori progettisti del 900”.

Quello di oggi alla sala Cap di via Albertazzi è un convegno organizzato con lo scopo di creare un dibattito e rimettere in discussione la demolizione dei monconi, in particolare quello a est per salvare quanto più possibile di quello che l’organizzatore l’architetto Spalla definisce “un monumento ai senti dell’art.9 della Costituzione e degli articoli 10 e 11 del codice dei beni culturali e del paesaggio”.

Davanti alla demolizione del ponte – racconta Petrangeli – provo grande amarezza come tecnico italiano perchè stiamo demolendo quello che nel mondo era considerato un simbolo dell’architettura moderna e in particolare dell’ingegneria italiana, come allievo di Morandi poi ritengo sia possibile e doveroso salvare almeno le pile 10 e 11 come monumento”.

Da una parte la manutenzione dall’altra i tempi che secondo Enzo Siviero architetto e docente di ponti sono destinati ad allungarsi: “La demolizione comporta tempi biblici e lo vediamo dall’amianto allo smaltimento delle macerie – spiega – quindi tutto questo condiziona la tempistica e visto che Genova ha bisogno di passare su quel ponte il prima possibile, l’unica soluzione era quella di salvare il ponte immediatamente, anche in termini provvisori, facendone poi un asse urbano e avendo poi tutto il tempo di progettare il nuovo con tutti i criteri di sicurezza per un’opera moderna”.

Per il professor Siviero la necessità di salvare il ponte Polcevera passa anche dall’incertezza “non sappiamo – dice – come demoliranno la pila 10 e 11, un giorno si legge sui giornali una cosa e il giorno dopo il contrario”.
“L’unica certezza – afferma con forza Siviero – e che i tempi non li sappiamo e Genova deve sapere che con questa procedura, dettata dall’emotività, si perderanno anni perché non sanno come demolirlo. Nel mentre, però, Genova sta morendo, io lo chiamo ponticidio ma anche genovacidio”.

Secondo il comitato organizzatore del convegno ancora oggi, a cantiere aperto, il ponte può essere recuperato in parte, evitando di demolirlo per smontaggio o per esplosione. “Il nostro obiettivo, il compito concreto che ci siamo dati – spiega l’architetto Giovanni Spalla – è cercare in tutti i modi di salvare quello che ancora è in piedi, almeno le pile 10 e 11 simbolo del ponte e il cui modellino è presente in molti musei nel mondo”.

Di fronte all’ok della Procura all’utilizzo dell’esplosivo per le due pile strallate, con però il recupero di parti considerate fondamentali per l’indagine, Spalla non ha dubbi: “Noi andremo avanti e faremo un esposto contro l’uso dell’esplosivo per vincolare il Morandi che è un’opera d’arte e un luogo della memoria”.