cronaca

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Genova dice addio alla sua Rinascente dopo 58 anni. Non è bastato l'aumento di vendite dell'ultimo periodo (con un guadagno medio di 152 mila euro), dovuto alla svendita al 70%, a far cambiare idea ai vertici dell’azienda.

"La città é poco attrattiva e non vuole spendere" avevano fatto sapere, in concomitanza della data di annuncio. Nessun passo indietro a un anno di distanza e sul tavolo resta il futuro occupazionale di una quarantina di lavoratori (inizialmente erano 59).

C'é chi ha rassegnato le dimissioni (4), chi ha accettato il trasferimento (14) e chi ha atteso: in tutto 41. Tra questi ultimi c’è anche chi aveva creduto alle parole delle autorità locali, quando al primo e unico tavolo con i sindacati (febbraio scorso) si dicevano sicuri dell'esistenza di un piano B, che avrebbe garantito continuità occupazionale. Ma del ‘famoso investitore estero’, a un giorno dalla chiusura, nemmeno l’ombra ed ecco allora l’unica via percorribile, la richiesta di buonuscita.
"È stato un percorso difficile e doloroso - spiega Silvia Avanzino, segretaria della Fisascat Cisl - e ci saremmo risparmiati volentieri le false illusioni di piani alternativi e di competitors che arrivavano in sostituzione". Questa sera i rappresentanti sindacali, assieme ai lavoratori, si sono dati appuntamento davanti al grande magazzino per un piccolo presidio.

Nell’edificio di via Vernazza la Rinascente occupava 5mila metri quadri. Tre piani nel cuore di Genova che da domenica 4 novembre rimarranno vuoti. Una sconfitta, dopo oltre 58 anni di attività, che Genova avrebbe potuto evitare.

Dopo la vendita della Rinascente alla thailandese Crc nel 2011, il negozio di Genova aveva le ore contate. Era stato l'ad Pierluigi Cocchini a ufficializzarne la chiusura nel dicembre 2018. Da quel giorno era iniziata una corsa contro il tempo per cercare una soluzione che potesse scongiurare la perdita di una sessantina di posti di lavoro e la scomparsa di un importante presidio commerciale nel cuore di Genova. Nei mesi scorsi era stato un succedersi di indiscrezioni: dalla possibilità di acquisto da parte di investitori stranieri, prospettata in uno dei tanti tavoli aperti con le istituzioni per scongiurare la crisi, all'interessamento da parte del gruppo che gestisce i magazzini Harrod's di Londra, fino alla fantomatica cordata di imprenditori cinesi che, nell'area da 50 mila metri quadrati distribuiti su tre piani si diceva volessero realizzare un centro sportivo. Tutte ipotesi rimaste senza alcuna concretezza e che, alla fine, hanno illuso e accompagnato i lavoratori fino al giorno della chiusura.