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I problemi a destra possono favorire i pentastellati
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Ci sono i totiani, gli scajolani dell'ex ministro e i berlusconiani (che non si capisce se coincidano con i primi oppure con i secondi data l'ambiguità proprio di Berlusconi). Poi c'è la Lega e poi, ancora, Fratelli d'Italia. Ecco, a Imperia il centrodestra ha queste fattezze. In vista delle prossime amministrative di fine maggio (o inizio giugno, la data è da stabilirsi), tutto fuorché quel l'unità predicata da livello nazionale e praticata in Liguria dal 2015, grazie a quel governatore Giovanni Toti che prima si è preso la Regione e quindi, in rapida successione, Savona, Genova e La Spezia.

La frantumazione nasce dall'autocandidatura a sindaco di Imperia da parte di Claudio Scajola. Nel presentarsi, l'ex ministro aveva detto che solo un'eventuale e convincente discesa in campo del nipote Marco, assessore regionale all'urbanistica, avrebbe potuto indurlo a desistere. Quella discesa finora non c'è stata e, a questo punto, non potrà esserci più con la credibilità necessaria a dire che non è soltanto un modo per mettersi di traverso all'ex ministro. Il quale, ormai, è un treno in corsa, che almeno nella candidatura appare inarrestabile.

Il quesito è: il centrodestra gli schiererà qualcuno contro, sancendo ufficialmente la spaccatura fra le sue anime, o alla fine in qualche modo si acconcerà alla situazione creata da Claudio Scajola?
Oggi la risposta non è semplice e univoca. Certo, a sentire Edoardo Rixi, il leader regionale della Lega, non ci sono dubbi: "Claudio Scajola è il passato, ha radunato molti vecchi arnesi della politica e se non si punterà su Marco noi siamo pronti al solito percorso di condivisione, anche rivendicando il ruolo, per schierare un candidato del centrodestra". Sarebbe il cosiddetto "modello Toti", quello che finora non ha conosciuto rivali.

Contemporaneamente, però, è scoppiato il casino brutto delle liti post-elettorali a livello nazionale. Per arginare una possibile alleanza della Lega con il Movimento 5 Stelle, giudicata "contro natura", il coordinatore regionale Sandro Biasotti se n'è uscito con una intervista al Secolo XIX nella quale minacciava la possibile uscita di Forza Italia dalla maggioranza che sostiene Toti. Poi, di fronte alla levata di scudi dei consiglieri regionali forzisti e non solo, Biasotti ha smentito, in realtà, come si può ascoltare dal suo intervento a Primocanale, senza smentire un bel niente.

In situazioni normali un leader che subisse tale clamorosa sconfessione pubblica sarebbe costretto a dimettersi. In Forza Italia non succede perché il capo locale è scelto dal padrone del partito, cioè Silvio Berlusconi. Quindi avanti coi carri. Resta, però, la sgradevolissima sensazione che Toti sia trattato come se non fosse di Forza Italia, bensì un avversario che sta sul gozzo, per le sue vittorie (e mettiamoci pure la capacità di stare sulla scena nazionale), al cerchio magico dei colonnelli di Arcore. Che ambiscono a occupare le poltrone della prima fila, come ad esempio nel caso di Paolo Romani, che Berlusconi vorrebbe alla presidenza del Senato e i Grillini rifiutano.

L'altra sgradevolezza della sortita di Biasotti è la mancanza di rispetto verso i liguri. Perché bisogna tutelare il voto degli italiani, che hanno dato la maggioranza al centrodestra, ma solo relativa e insufficiente a governare, e non si ha lo stesso rispetto per i liguri che nel 2015 si sono scelti Toti e lo stesso centrodestra per farsi amministrare su base regionale, confermando poi la scelta anche nelle altre principali città? Ovviamente la domanda non avrebbe risposta se di mezzo non ci fosse tutto il resto, contro Toti e via elencando, di cui si è parlato.

Come si vede, il livello nazionale della contesa incide, o può incidere, anche su quello locale. Imperia non sfugge alla regola, con in più l'aggravante di un autocandidato ingombrante qual è l'ex ministro Scajola. Il quale ha già fatto saltare qualche tappo di spumante. Ai Cinque Stelle, in particolare. Ai quali non pare vero potersi cimentare con un simile avversario. La sua forza va riconosciuta, in termini di esperienza, capacità e seguito elettorale, ma i Grillini non la temono avendo la campagna elettorale già fatta: loro si presenteranno come il nuovo, pronti a a spazzare via il vecchio che prova a tornare.

Politicamente, è quasi una rendita di posizione. Molti dicono che il voto su base comunale non rispecchia l'andamento delle elezioni nazionali. È vero. Ma solo in parte. Del resto, pur contro ogni pronostico, a Roma e a Torino chi ha vinto? Mesi dopo, è stato osservato: "I Grillini amministrano male, pagheranno le conseguenze alle politiche". Invece, quale partito ha vinto le politiche? Si potrebbe rilevare che ha vinto pure, anzi soprattutto, il centrodestra, sebbene stavolta a trazione leghista. Già, ma è un centrodestra che almeno in campagna elettorale aveva saputo rimanere unito...