porti e logistica

Multedo, parla l'amministratore delegato del gruppo Pir
3 minuti e 31 secondi di lettura
"Abbiamo pochi mesi per trovare una soluzione e delocalizzarci, l’alternativa è la chiusura". A parlare a Primocanale è Guido Ottolenghi, amministratore delegato di PIR, il gruppo che negli anni ’90 ha acquisito il deposito costiero di prodotti petrolchimici “Superba”. Ottolenghi ricorda tutti i tentativi di spostare l’attività da Multedo, sempre vanificati da interessi contrapposti e avvicendamenti politici. E chiede alla popolazione genovese di comprendere quale sia il tipo di soluzioni che vengono proposte.



Ottolenghi, ci racconta che cosa è Superba?


Superba è una azienda di logistica portuale specializzata in prodotti chimici, fondata dalla famiglia Sada e attiva nel porto di Genova dal 1960. Nel 1990 è stata acquistata dal gruppo PIr



Ma non è un problema lavorare con un’azienda del petrolchimico in mezzo alle case? Come e’ potuto accadere questa situazione di case e deposito a pochi metri di diatanza?

Nel 1960 quando questa struttura fu construita, questa era una zona a vocazione industriale e scarsamente abitata. Inoltre a quell’epoca le normative non prevedevano un’incompatibilità così forte tra l’azienda e le abitazioni. Che siano arrivate prima le case o il deposito oggi forse importa poco. Quello che è certo è che la convivenza oggi è molto difficile anche per noi.



Ma esistono rischi reali?

No. Non è rischioso perché seguiamo regole complesse. L’impianto è strutturato in modo da garantire il rispetto dei rischi. Però è difficile.



Diceva prima che siete entrati nel 1990 in Superba , avete sempre domandato alle amministrazioni di trasferirvi ma ad oggi nessuna risposta e si rischiano la chiusura e i posti di lavoro?

Noi da tempo vogliamo cercare altre soluzioni. Ma ci dispiacerebbe interrompere una attività che ha lavoro e dà lavoro a tanta gente.



Quindi voi vorreste andare via da qui!

Guardi, noi quando abbiamo comprato Superba nel 1990 era per delocalizzarci. Nell’88 le autorità, la cittadinanza, i sindacati, avevano siglato un protocollo d’intenti per realizzare un deposito in un’altra area, la Tamchimica, e comprammo con l’intento di rilocalizzarci.



Avete mai proposto soluzioni alle varie amministrazioni che si sono avvicendate?

Dal ’90 a oggi abbiamo studiato almeno una decina di soluzioni che hanno riguardato una quantità di aree da Voltri a Porto Petroli ad aree del porto di Sampierdarena naturalmente sempre legate alle indicazioni delle autorità. Vuoi per gli interessi con cui contrastavano, vuoi per gli avvicendamenti politici non si è mai riusciti a trovare una soluzione.



Quindi siete davvero a rischio chiusura a breve?


Credo che abbiamo pochi mesi davanti per trovare una soluzione per delocalizzarci, l’alternativa è purtroppo pianificare una chiusura che poi richiede alcuni anni per essere attuata.



A chi spetterebbe dirvi dove dovreste trasferirvi?


Due aspetti: uno tecnico e uno politico. L’aspetto tecnico comprende tutte le autorità tecniche ed è curato dall’Autorità di Sistema Portuale. Quello politico dipende da Comune e Regione.



Da 20 anni non vengono quindi prese decisioni. Per quale ragione cosi tanto tempo?

Questo non me lo so spiegare. E ci dispiace. Abbiamo fatto delle proposte che ci sembrano solide sia dal punto di vista della sicurezza che della distanza dalle abitazioni. Però siamo aperti ad alternative, lo abbiamo sempre detto. Guardiamo seriamente a quello che ci dicono le istituzioni.



Quindi se non avrete risposte dovrete chiudere?


Effettivamente il tempo sta scadendo. Abbiamo bisogno di una risposta presto.



Avete un appello da fare ai cittadini?

Siamo coscienti che questa è l’ultima chance per delocalizzarci. Siamo anche coscienti che ci sono interessi e spinte più influenti di noi nella città che possono ostacolare questo progetto. Noi pensiamo che se rispettiamo la legge, anche i cittadini dovrebbero rispettare le nostre proposte. Noi lavoriamo con passione, con coscienza, con conoscenza di questo mestiere, abbiamo una lunga esperienza in questo settore. Vorremmo poterci affidare alle autorità per una ultima volta e alla cittadinanza per trovare un’area dove delocalizzare da questa zona ormai troppo urbanizzata per la nostra attività, ma mantenere per il porto di Genova il benessere e la prospettiva di crescita economica che questa industria può dare.