Borzoli e Fegino, oleodotti e serbatoi, miasmi e sversamenti, tra una discarica e un deposito di organici, assediati da servitù che usano il territorio gratis o quasi. Così la cronaca ha scoperto le 'terre di mezzo' tra Ponente e Valpolcevera. Che però hanno anche un'altra faccia. A sfidare i cisternoni della Iplom e la desolazione di Scarpino ci sono due aziende agricole che resistono e fanno della green economy la propria bandiera. E devono difendersi non solo dagli inquinanti, ma pure - e soprattutto - dalla burocrazia.
Sulla strada per Coronata, proprio davanti agli enormi silos del greggio, Sandro Ottonello gestisce da ormai vent'anni il parco Pesea, un'azienda 'agroenergetica' dove si coltiva, si produce energia pulita da fonti rinnovabili e si pratica sport. Ci sono pale eoliche, pannelli fotovoltaici, orti, ma anche funi, percorsi di mountain bike, una parete da arrampicata. Una vera e propria oasi aperta a scuole e centri estivi che nasce da una parte "per proseguire il cammino delle generazioni precedenti", racconta, e dall'altra "in totale antitesi a tutto ciò che vedete: Scarpino, Iplom, io cerco di fare il contrario".
La sfida è dimostrare che si può fare business anche senza violentare il territorio e i suoi abitanti. Un'impresa che diventa addirittura eroica, quando entra nelle sabbie mobili delle pubbliche amministrazioni. "Abbiamo problemi organizzativi che mi fanno impazzire - racconta Ottonello - perché quello delle energie rinnovabili è un settore compresso, castigato. Si cerca di controllarlo, anche se indirettamente. E arriveremo al punto in cui gli incentivi non verranno più riconosciuti". La richiesta alle istituzioni è resa con un genovesismo genuino quanto il vino bianco che si produce qui: "Devono desbelinarsi".
L'altro superstite si chiama Enrico Sommariva, agricoltore da sempre, titolare di una piccola impresa con sede a Testa di Cavallo, tra Borzoli e Coronata, proprio dietro gli Erzelli. Tra gli ortaggi destinati all'ingrosso di Bolzaneto sorgono anche le serre dove cresce il basilico. Gli ingredienti? Passione, coraggio, sudore, ma anche troppe panciate di nervoso: "Servirebbe un taglio netto alla burocrazia. Non è possibile che ci vogliano tre anni per abbattere e ricostruire una serra, e poi sentenze, giudici, le spese annesse". Un grido ormai vicino alla rassegnazione, da quelle 'terre di mezzo' dove la politica si è sempre girata dall'altra parte.
cronaca
Basilico e rinnovabili: così Fegino sfida serbatoi Iplom e burocrazia
La lotta 'green' di due aziende tra Ponente e Valpolcevera
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