cronaca

Lunedì in piazza 2mila persone, nel frattempo vertice a Roma
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Genova si prepara a vivere una delle settimane più calde degli ultimi anni. I lavoratori dell'Ilva scendono in piazza contro gli esuberi decisi dai nuovi acquirenti, e insieme a loro tante categorie che hanno risposto 'presente' alla chiamata: vigili del fuoco, portuali, delegazioni di Ansaldo e altre fabbriche della città. Dopo l'assemblea e i picchetti ai cancelli dalle 5 del mattino, il corteo che bloccherà il centro prenderà il via alle 9 da Cornigliano e terminerà a Corvetto presso la sede della Prefettura, dove rimarrà un presidio in attesa di notizie da Roma. 

Per le strade sono attese fino a 2mila persone.
I dipendenti Ilva a Genova sono in tutto di 1.500, di cui 400 in cassa integrazione. La cordata di imprenditori Am Investco Italy vuole tagliarne 600. Dalle acciaierie di Cornigliano verso Sampierdarena (lungomare Canepa o via Cantore), piazza della Nunziata e le Gallerie sfileranno anche gli automezzi della fabbrica. Come quando, nel 2016, ci furono attimi di tensione con la Questura. Inevitabili i disagi al traffico, ma i sindacati, e in particolare la Fiom genovese di Bruno Manganaro, hanno fatto appello alla massima partecipazione. "Anche da noi c'è la gradinata che tifa e la tribuna che guarda. Dobbiamo essere in tanti, la città deve lottare con noi".

"Le imprese dell'artigianato, del commercio, del turismo e dei servizi di Genova vogliono esprimere la loro vicinanza ai lavoratori e alle loro famiglie", scrivono in una nota Paolo Odone, presidente di Ascom-Confcommercio, Paola Noli, presidente di Cna e Cino Negri, presidente di Confartigianato Massimiliano Spigno, presidente di Confesercenti. Il Tavolo della Piccola Impresa, che riunisce Ascom, Cna, Confartigianato e Confesercenti "manifesta il pieno sostegno al lavoro di Comune e Regione, cui chiediamo d'intervenire incisivamente sul Governo, per scongiurare una situazione altrimenti insostenibile dal punto di vista sociale ed economico".

Il vertice in programma al Mise è stato spostato a mezzogiorno. Ma non è da lì che arriveranno le risposte attese. "Io non vado a Roma - dice Manganaro - Nessuno è in condizioni di trattare con la pistola sul tavolo". Andranno a discuterne invece le segreterie regionali delle altre sigle: "Siamo fortemente impegnati nella lotta, ma è importante anche la trattativa, perché lì si capirà il futuro", spiega Alessandro Vella di Fim-Cisl. 

L'obiettivo vero, però, è ottenere dal Governo, con la mediazione del prefetto Fiamma Spena, una convocazione indirizzata a sindacati, Comune e Regione per discutere solo del caso Genova. In caso contrario la mobilitazione andrà avanti nei giorni successivi. "Noi abbiamo un accordo di programma, mi dispiace se gli altri non lo hanno. Il Governo ci spieghi come garantirlo", è la sfida che lancia Manganaro. In pratica, l'unico modo per farlo sarebbe interrompere la procedura con ArcelorMittal e Marcegaglia e investire direttamente soldi pubblici. Oppure - scenario ancora più lontano dalla realtà - gli acquirenti modificano il piano. 

Ciò che brucia a Genova è anche la disparità di trattamento rispetto a Taranto. In Puglia gli esuberi sono 3.300 su oltre 10mila (in proporzione meno) e tutti con la promessa di essere riassunti per lavorare all'ambientalizzazione e alla bonifica. A Genova i 600 'di troppo' non avrebbero altra prospettiva se non quella della cassa integrazione, eventualmente con lavori di pubblica utilità, visto che quelle procedure sono già state completate. Tutto in barba al vincolo occupazionale sancito nel 2005. "Mittal lo sa benissimo, ma se ne infischia: io stesso ho scritto al loro presidente", rivela Manganaro. E allora riprende la lotta. Più dura di prima.