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Tra nomine e dimissioni cosa cambia a Genova
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Per un Luca Bizzarri che arriva (a Palazzo Ducale), un Livio Ravera che va (via dall'Amt). Fra scadenze dei mandati e dimissioni dagli incarichi, il nuovo sindaco Marco Bucci dovrà gestire più di una nomina nelle partecipate del Comune di Genova. Le prime due appaiono molto lontane e invece ben si tengono nell'identificare il binario su cui Bucci sembra intenzionato a muoversi: meritocrazia e centralità del cittadino rispetto al conto economico.

La scelta di Bizzarri ha certamente il primo requisito. Non lo conosco personalmente, ma il suo tipo di comicità ha una caratteristica - l'osservazione della realtà- che già me lo rende convincente forse per ragioni di affinità professionale. Condita da una indipendenza d'azione - si chiama autonomia dalla politica e dai partiti - su cui nessuno può credibilmente eccepire.  Poiché ci sarebbe da rimproverare coloro che hanno bocciato tale nomina in virtù di un pregiudizio fondato oggi sul nulla, non voglio però cadere nel peccato opposto, cioè di esprimermi secondo un pregiudizio positivo.

La cosa più saggia e onesta che si possa fare è attendere Bizzarri alla prova, sapendo però che non viene preso dal palcoscenico e buttato direttamente dietro a una scrivania. Ha esperienza, il comico, nel gestire - proprio a Genova - una scuola per aspiranti "teatranti" che fino ad oggi è un successo. Insomma, l'uomo ha dimestichezza con argomenti e questioni che non si limitano alla creazione di battute e gag capaci di far ridere.

E poi: alzi la mano chi davvero pensava che i risultati sarebbero stati così buoni, anzi ottimi, quando l'allora sindaco Marco Doria decise di mettere Luca Borzani al Ducale. Chi conosceva Borzani sapeva che la sua sterminata cultura e la sua profonda onestà intellettuale sarebbero state importanti nel dispiegarsi dell'incarico, però bisogna riconoscere che Borzani è andato oltre. Lascia una eredità pesante, ma proprio per questo credo che Bizzarri abbia mani migliori di quelle che avrebbe potuto assicurare un parruccone più avvezzo alla lealtà di partito che non agli sparigli di cui una entità complessa come il Ducale ha mostrato di avere bisogno.

Da genovese e conoscitore di Genova, il neo presidente mostra serena consapevolezza: "Mi mangeranno vivo" è stato uno dei suoi primi commenti, ben sapendo che all'ombra della Lanterna uno degli esercizi preferiti è colpire chiunque abbia un certo tipo di incarico.

Ma un'altra cosa ha detto Bizzarri che merita di essere sottolineata: "È giusto dare una mano alla propria città". Sembra un messaggio rivolto a tutti coloro che nei mesi e negli anni scorsi sono stati a vario titolo interpellati dalla politica proprio per dare una mano: tutti a respingere ogni proposta con la ricorrente motivazione di non volersi sporcare le mani. Ora, la nostra politica ha certamente molto da farsi perdonare, però se la si affida sempre anche a persone poco raccomandabili poi resta difficile mugugnare.

Prendiamo il caso dell'Amt, l'altra questione nomine che si tocca, dicevo, con il "caso Bizzarri". Quasi sdegnosamente, il presidente Ravera si è dimesso come se a Genova fossero arrivati i lanzichenecchi e non fosse lui, invece, con altre complicità, il responsabile del disastro dei bus. Qui il problema di fondo è la visione del futuro dei trasporti: secondo Ravera, e prim'ancora secondo Doria e principalmente il Pd, per Amt si poteva solo disegnare un percorso che portasse l'azienda a sposarsi con uno o più partner privati. Rovesciando gli stereotipi del passato, il centrodestra di Bucci ritiene che per l'Amt - come per l'Amiu, che si occupa di rifiuti - la strada debba essere quella di rimanere in mano pubblica.

La differenza non è marginale. Mi è già capitato di scrivere che su questi argomenti Bucci mostra di essere più a sinistra del Pd, ma la questione non è la collocazione sullo scacchiere politico. La questione riguarda il punto di osservazione del problema: Doria e il Pd avevano più attenzione al conto economico, Bucci rivela una più spiccata sensibilità verso il servizio al cittadino. Ovvio che non potrà fare strame del bilancio, ma se si vuole garantire la socialità del trasporto locale - cominciando dal costo del biglietto e dalla copertura di tratte poco remunerative - non si può che restare in una gestione pubblica.

C'è chi obietta che si tratta di una missione impossibile. Può darsi, ma altre esperienze - in Italia come nel resto del mondo - ci dicono che le nozze pubblico-privato possono riuscire nella sanità, ma puntualmente falliscono - a parte qualche eccezione - quando si sale su quattro ruote. Non si può bocciare in partenza, allora, il proposito di Bucci di tenere trasporti e gestione dei rifiuti a Palazzo Tursi. Come nel caso di Bizzarri, Genova ha bisogno di gente e di progetti da mettere alla prova. Ai pregiudizi si è già ampiamente affidata. E non è finita bene.