cronaca

Il Governo conferma gli accordi ma scarica sugli acquirenti
3 minuti e 14 secondi di lettura
Sembrava fumata bianca. Poi si è colorata di grigio, tendente al nero, col crescere del malumore sulla via del ritorno. Coi sindacati pronti a una battaglia dai possibili risvolti clamorosi. Il vertice di martedì a Roma sull’Ilva di Cornigliano è finito con un bel “grazie e arrivederci”. Grazie al Governo, che conferma la validità dell’accordo di programma firmato dodici anni fa, e grazie a Comune e Regione che si impegnano a farlo rispettare. E arrivederci al 20 luglio, quando ArcelorMittal presenterà a tutti il vero piano industriale: si giocherà insomma il secondo tempo della partita, che al momento è ferma sullo zero a zero.

“Chi prende l’Ilva si prende anche l’accordo di programma”, è quanto hanno ripetuto il ministro Calenda e la sua vice Bellanova nel fatidico tavolo centrato su Genova. Un giudizio logico, che però non vale come garanzia. “Siamo insoddisfatti perché il Governo non è stato chiaro. Da un lato non ha detto che l'accordo dI programma non vale più, ma dall'altro non ha nemmeno detto il contrario rinviando tutto al prossimo confronto”, spiega il segretario genovese della Fiom, Bruno Manganaro. La costola metalmeccanica della Cgil ha convocato per il 6 luglio l’assemblea dei lavoratori. E non si esclude di tornare in piazza tra due settimane.

Il sospetto è che il Governo abbia sottaciuto l’esistenza dell’accordo di programma in fase di trattativa. In questo modo i nuovi proprietari si sentirebbero legittimati a proporre tagli su Genova finendo in un pericoloso gioco al rimbalzo. “A pensar male si fa peccato ma ogni tanto ci si azzecca – chiosa Manganaro – noi vogliamo sperare che Mittal sia stata informata di tutti gli obblighi in essere”. Quanti posti salterebbero in teoria a Cornigliano ancora non è dato saperlo. Ai sindacati sono state presentate solo poche slide coi numeri complessivi, poi ritoccati in chiusura dell’accordo, senza però scendere nei dettagli dei singoli stabilimenti.

C’è poi un altro scenario possibile, se le trattative andassero a monte. Quello dell’azione legale. “Al ministro lo abbiamo detto chiaro: se qualcuno pensa di mettere in discussione gli organici, noi siamo pronti ad andare in tribunale”, minaccia Manganaro. L’accordo di programma, infatti, non riguarda solo i livelli occupazionali, ma anche le aree: un milione di metri quadri in concessione all’Ilva per 65 anni, tempi e spazi mostruosi che farebbero gola a chiunque, terminalisti compresi. “Se si mette in discussione il lavoro, noi mettiamo in discussione tutto quanto. E apriremo un conflitto enorme, anche a livello formale”.

La Fiom resta al momento la più agguerrita, mentre le altre sigle mantengono un cauto ottimismo. Il segretario ligure della Fim-Cisl, Alessandro Vella, ha definito “importante” l’incontro del 4 luglio perché “propedeutico a quello del 20 luglio prossimo al ministero”. Antonio Apa della Uilm vede l’azienda come principale interlocutore che dovrà “dare garanzie” sull’accordo di programma, ma chiede alle istituzioni di restare vigili. Il presidente Toti ha parlato di trattativa con “luci e ombre”, ribadendo insieme al sindaco Bucci l’impegno per far rispettare i patti.

In mano ai sindacati c’è un’ultima arma, taglientissima, ma a doppio taglio: non firmare l’accordo sindacale vincolante, con scadenza al 30 settembre, e far saltare così l’intera procedura di cessione degli asset. “C’è anche questa ipotesi – conferma Manganaro ma il ministro ha ribadito che in questo modo l’Ilva verrà considerata fallita. E la responsabilità ricadrebbe su lavoratori e sindacati. Così decideremmo la nostra fine”. Un vicolo cieco che impone di trovare quanto prima la via d’uscita.