Per ora non è una campagna elettorale elettrizzante. Sarà appena incominciata, sarà corta, anzi cortissima, ma non sembra essere molto calda, anche se i candidati sono tanti, anche se abbiamo perfino questo eccitante particolare dei grillini che si sono divisi per tre.
Ma a me l'aspetto che, aspettando il fuoco incrociato di ogni vero scontro elettorale, colpisce di più sono questi confronti a cui partecipano tutti, (non sempre proprio tutti) i candidati e che si svolgono senza scintille, senza scontri, quasi con un criterio generale di fair play, manco fossimo in una Accademia di buone maniere e non sulla ribalta di un matchi nel quale si gioca una partita fondamentale: la conquista del governo di Genova, la ex Superba. Non siamo certo noi a volere che scorra il sangue, che volino le sedie, che ci siano scontri durissimi e colpi proibiti tra i candidati, ma suvvia un po' di durezza nella contrapposizione tra competitors dovrebbe esserci.
Una volta sono nell'Aula Magna di una scuola davanti agli studenti, e non bisogna dare il cattivo esempio, un'altra volta sono a Palazzo Ducale, convocati da Italia Nostra e volete che si picchino su un tema così condivisibile come l'ambiente da difendere e i Parchi di Nervi da salvare come bene pubblico, fruibile da tutti? Più in generale, ovunque si incontrino, in un faccia a faccia o in una seduta-confronto a tante voci, sembra che oramai siamo un po' in preda a quella sindrome denominata di Stoccolma, in forza della quale a furia di trovarsi insieme a fare le stesse cose, cioè a rispondere in questo caso alle domande - spesso sempre le stesse - si finisce con il simpatizzare, con il raccordarsi con gli altri.
Successe in quella sanguinosa rapina nella capitale svedese, dove gli ostaggi finirono con il passare dalla parte dei rapinatori. Ora magari succede, in un quadro certo non così drammatico, che tra Crivello, il campione del centro sinistra e Bucci quello del centro destra, che dovrebbe sfilargli Genova da sotto la sedia, scatti quel bon ton di rapporti più da salotto o da mensa comune.
Oppure succede tra Pirondini, grillino doc e la Cassimatis, grillina sconfessata, che gli si è schierata in concorrenza e tra loro due e il transfuga Putti, che stiano composti allo stesso tavolo, ciascuno con il suo programmino, le sue idee educatamente esposte, senza neppure uno sguardo in cagnesco. Pochi mesi fa erano tutti pentastellati, ora dovrebbero cercare di strapparsi i voti l'uno all'altro o all'altra e, invece, eccoli lì, belli compiti, seduti al tavolo del confronto. Esageriamo? La campagna non è ancora entrata nel vivo, aspettate che tutto si incendi violentemente in qualche scontro frontale su temi cruciali, su differenze abissali di programma, che magari volino anche gli stracci.
Insomma, ci auguriamo di assistere a qualche bel match, come quello in Francia tra Macron e la La Pen, alla vigilia del ballottaggio. O forse bisogna aspettare proprio il ballottaggio, la battaglia finale tra chi l'avrà spuntata sugli altri. Per ora sembra che ognuno reciti il suo compitino, ordinatamente con in mano i fogli del programma. E finito l'incontro si danno l'appuntamento alla prossima puntata.
politica
I candidati a confronto e la sindrome di Stoccolma
Ci auguriamo di assistere a qualche bel match
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