cronaca

Un magistrato genovese: "Nessuna tutela dopo 25 anni di lavoro"
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Si chiamano ‘onorari’ ma il loro ruolo nel sistema della giustizia è tutt’altro che marginale. Giudici di tribunale, giudici di pace e pubblici ministeri d’udienza escono allo scoperto e decidono di scioperare. Un’adesione altissima, già al 95% per alcune figure, per una protesta che durerà l’intera settimana. Secondo la categoria, slitteranno così oltre 400 mila processi civili e penali.

Un’astensione quasi obbligata, dicono. Perché il decreto legislativo in cantiere, anziché colmare il vuoto di tutele denunciato, prevede un taglio netto all’utilizzo di figure di fatto fondamentali. Basti pensare che a Genova il 50% delle sentenze e dei provvedimenti vengono emessi da magistrati onorari: 5.500 contro gli 8 mila giudici togati. Altro esempio: i ricorsi contro il recupero crediti Equitalia sono gestiti quasi tutti da loro. Riducendone l’impiego il rischio concreto è che il meccanismo si paralizzi, viste le gravi carenze di organico.

“Faccio questo lavoro da 25 anni, cinque giorni alla settimana. La gente non lo sa, pochi sono informati. Eppure non mi hanno mai versato un contributo, non ho mai avuto un’assicurazione, non abbiamo indennità di malattia, sono sempre stata pagata a udienza". A raccontarlo a Primocanale è Rossana Ferrari, giudice del tribunale di Genova che si occupa di esecuzioni mobiliari. Come tanti colleghi faceva l’avvocato, ma poi ha dovuto scegliere: “Ci sono invecchiata dentro. Lavorando dal lunedì al venerdì avevo grossi problemi a proseguire l’attività”.

Stessa situazione di tanti ex dirigenti della pubblica amministrazione, insegnanti di diritto, professori universitari e anche qualche notaio che a un certo punto decidono di dedicare la propria vita alla giustizia. Affrontando un precariato che chiude ogni via d’uscita. “Ora abbiamo due possibilità: o i versamenti volontari di tasca propria o chiedere pagamento per via giudiziaria. Ed è quello che faremo. Dopo 25 anni non posso mettermi a fare altro”. La palla passa al Governo, per sanare una situazione che, secondo la categoria, rappresenta anche una violazione del diritto comunitario.