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Che cosa ha detto con la sua abituale verve il presidente? Due concetti importantissimi. Il primo: bravi voi giovani avvocati che avete deciso di provare a svolgere la vostra professione a Genova, sfidando la crisi della città, dimostrando di credere nella sua ripresa e nelle sue potenzialità. Bravi voi, giovani avvocati, che non avete seguito la moda del “tutti all’estero”, andazzo ormai riservato non solo a chi davvero è possessore di particolari doti intellettuali.
Il presidente Viazzi ha sottolineato le difficoltà certamente evidenti ma anche la necessità di non fuggire tout-court impoverendo Genova che ha un disperato bisogno di giovani.
Secondo. Il presidente del Tribunale ha incitato i giovani avvocati a impegnarsi in politica. A farlo proprio in questo particolare momento denso di difficoltà, non lasciandosi trasportare solo dall’indifferenza del non voto alla rabbia o al populismo fine a se stesso.
Due concetti fondamentali che ci piacerebbe sentire ripetere più spesso invece della frase avvilente: “Scappa da Genova, va all’estero che qui non c’è più nulla da fare”. Andare all’estero è importante e certamente molto formativo per qualsiasi carriera. Ma la “fuga” dovrebbe sempre avere un obiettivo di ritorno per servire il proprio Paese e, nello specifico, la propria città. Con la professione e con la politica non lasciandola nelle mani di chi non ha né arte e né parte e sceglie la politica perché non ha altro da fare.
Una città senza giovani è un cimitero. Sarebbe deflagrante che Genova, che ha già uno straordinario cimitero come simbolo di arte e di storia, ne avesse anche uno umano e professionale. E stupisce che dalla politica anche locale non venga una sferzata in questa direzione altrettanto forte come quella del presidente Viazzi.
IL COMMENTO
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