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I renziani genovesi si manifesteranno?
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Se il Partito Democratico fosse ancora, a Genova, qualche cosa di serio dovrebbe pretendere dal sindaco che ha tenuto in piedi per quattro anni una risposta secca e immediata: si o no. Si o no a una sua ipotetica ricandidatura. Doria dopo aver annunciato il suo no al referendum sulla scaletta dell’aereo che lo portava in Cina, ora dovrebbe utilizzare face book (quel sistema che ha utilizzato per la sua manifestazione di voto) per rispondere alla domanda che ha paralizzato Genova per più di un mese.

Poi il Partito Democratico ligure dovrebbe eleggere il segretario regionale, successore di Giovanni Lunardon, individuando una persona munita di solide palle (“Vaste programme” come rispose De Gaulle a chi lo sollecitava a eliminare gli imbecilli) in grado di dare una strategia al vuoto pneumatico che ha caratterizzato questi anni. Sia renziano o bersaniano, ma sia uno vero, non mister Frillo, in balia di tutti i venti che spireranno da Voltri a Nervi nelle prossime settimane.

Poi dovrebbe individuare il candidato sindaco per le elezioni comunali. Con o senza primarie. Senza, se il nome è fuori da ogni discussione per la sua autorevolezza (anche fuori dal partito come hanno fatto i milanesi), con, se è un politico. Obbligate se per caso, tornando dalla Cina, Marco Doria decidesse di ripresentarsi. Anche perché, ritengo, che non potrebbe avere l’appoggio dei renziani genovesi, sempre che questa evanescente categoria esista.

Infine, il Partito Democratico dovrebbe spiegare ai suoi elettori, andando per strada dalla mattina alla sera, che se l’aria non cambierà nei prossimi mesi, al ballottaggio delle comunali andranno il candidato del Movimento 5 Stelle e quello di Toti. Perché è evidente che il candidato del centrodestra lo sceglierà il governatore della Liguria.

E i renziani genovesi di cui facevamo cenno prima? Categoria divertente. Se pensiamo che l’inventore dei renziani liguri fu Federico Berruti, ex sindaco di Savona, uno dei primi sindaci a entrare a far parte del cerchio magico del ragazzo toscano. A Genova il vero renziano doc fu Victor Rasetto segretario provinciale del Pd, unico a essere sacrificato dopo la sconfitta primariale della Vincenzi. C’era anche Burlando ma francamente le sue radici bersaniane erano prevalenti al suo rapido cambiamento di punto di riferimento. Poi altri, aggregatisi sull’onda dei trionfi genovesi del giovane segretario.

I renziani genovesi si manifesteranno? O il partito non bersaniano si riconsoliderà con forza delle mani di Pippo Rossetti e della ministra Pinotti? E l’emergente-non stop Andrea Orlando finalmente capirà che deve valicare il Bracco e prendere posizione anche su Genova?
Il tempo ora è ridottissimo. E i trastulli non sono più ammissibili, a meno che il Pd non  decida di rinunciare a un suo ruolo in città. In ogni caso, non sarebbe una buona cosa.