cronaca

Il nipote di Albano Crocco: "Mi ha insultato, non riuscivo più a fermarmi"
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Claudio Borgarelli ha confessato. Il nipote di Albano Crocco, ucciso e decapitato nei boschi di Lumarzo lo scorso 11 ottobre, non ha retto al peso della coscienza. Nel corso del primo interrogatorio di garanzia nel carcere di Genova Marassi davanti al giudice Paola Faggioni ha ammesso di avere ucciso lui lo zio. Tra le lacrime ha confermato in sostanza la versione ricostruita dagli inquirenti nelle scorse ore. 

Un interrogatorio sofferto, si apprende da fonti vicine a Borgarelli. Una decisione difficile, maturata durante il soggiorno in carcere vissuto come un incubo. Mai stato sotto torchio, ha raccontato tutto spontaneamente in circa un'ora e mezza, dalle 10.30 a poco dopo mezzogiorno. Il movente era proprio quello, la "barricata" costruita per impedire a Crocco, cercatore di funghi, di avvalersi del sentiero di sua proprietà per andare nel bosco. Una "ossessione maniacale", come raccontavano anche i parenti. Ora cambia la strategia difensiva: nelle prossime ore verrà chiesta una perizia psichiatra

"Anche quella mattina ho visto i paletti divelti - ha raccontato Borgarelli - non ci ho visto più. Sono partito con la pistola (quella sequestrata dai Ris, ndr) e il machete, pensando che mio zio fosse armato. L'ho incontrato poco dopo nel bosco". Qui si accende la lite: "Mio zio mi ha offeso e mi ha sputato. Poi ha girato le spalle in segno di disprezzo. Ho perso il lume della ragione. Gli ho sparato due colpi con la pistola. Poi ho preso il machete. Non capivo più niente, non riuscivo più a fermarmi, non so perché l'ho fatto". Il corpo, già senza vita come chiarito dall'autopsia, viene decapitato. 

Poi Borgarelli avrebbe agito per nascondere le prove: torna a casa, prende un sacco e una corda. Ci mette dentro la testa dello zio e butta il cadavere giù nel dirupo. Poi rientra nella sua villetta col sacco, si lava e getta tutto in un cassonetto a Struppa, ripreso suo malgrado dalle telecamere di sorveglianza. Tutto come ipotizzato dai Carabinieri e dai Ris di Parma, arrivati per fare luce su una vicenda rimasta a lungo senza risposte. "Io volevo bene a mio zio - ha poi aggiunto - Ero legatissimo a lui quando ero piccolo. Ma questa vicenda del sentiero mi ha ossessionato. Mi sentivo vittima di una ingiustizia".

Borgarelli era stato arrestato giovedì scorso, il 27 ottobre, tradito dai monologhi registrati dai microfoni nascosti nella sua villetta. "Tanto l'ho ammazzato", ripeteva tra sé e sé. E poi le immagini che lo ritraevano mentre buttava i sacchi della spazzatura a Struppa e non sotto casa, come aveva raccontato ai carabinieri. Nonostante fosse l'unico indagato per l'omicidio dello zio, si è sempre dichiarato tranquillo, apparendo più volte freddo e compassato davanti alle telecamre. Nelle ore dopo l'arresto ha continuato a professarsi estraneo alla vicenda. Ora la mossa a sorpresa, che ha spiazzato anche l'avvocato Antonio Rubino

"È stato un lavoro egregio. I miei complimenti vanno ai carabinieri della compagnia di Chiavari e del nucleo operativo del comando provinciale di Genova che hanno avuto l'intuizione di compiere le intercettazioni che sono state determinanti". Lo ha detto il procuratore capo di Genova Francesco Cozzi, commentando la confessione di Claudio Borgarelli.

Ora ci sarà un ulteriore approfondimento delle indagini per capire l'esatta dinamica dei fatti. La confessione di Borgarelli complica il quadro della difesa, che adesso punterà probabilmente sulle attenuanti dell'infermità mentale. Ad alimentare questa strategia concorrono diversi elementi: l'ossessione patologica per quella staccionata, i soliloqui tra le mura domestiche, il gesto straordinariamente brutale con le caratteristiche del raptus. Il legale Antonio Rubino potrebbe chiedere a breve una perizia psichiatrica. Presto arriverà un secondo interrogatorio. 

Albano Crocco era stato trovato ucciso nel tardo pomeriggio dell'11 ottobre nei boschi di Craviasco, piccola frazione nel comune di Lumarzo, entroterra del Tigullio. La sua testa non è mai stata trovata. Il nipote è sempre stato l'unico indagato per l'omicidio. Dopo i primi rilievi negativi e le indagini a vuoto nei boschi, condotte con l'ausilio dei cani molecolari, l'analisi delle intercettazioni ambientali frutto delle 'cimici' installate a casa Borgarelli ha impresso la svolta. Messo sotto custodia cautelare a Marassi il 27 ottobre, alla fine ha ceduto. Per il momento resta in carcere in attesa delle decisioni della magistratura. 

LA FIGLIA DI CROCCO: "RIMANGA IN CARCERE TUTTA LA VITA"

"Voglio vederlo in faccia e chiedergli perché l'ha fatto,
perché ha distrutto la mia famiglia e ha distrutto se stesso". Lo ha detto Daniela Crocco, figlia di Albano. "Ora voglio giustizia - ha detto la donna -, deve rimanere in carcere tutta la vita e non vedere più la campagna e l'erba che tanto amava. Mio padre aveva paura di lui - ha detto ancora -. Adesso capisco perché mi chiamava tante volte, come se avesse un presentimento. Capisco perché mi diceva 'non ti fidare di Claudio'".

"Della confessione ho saputo stamattina dall'avvocato - ha detto Daniela Crocco - Io me l'ero sognato che confessava, due volte: l'ho sognato che ammetteva tutto". La notte scorsa, ha detto Daniela "mi sono messa a pregare con una foto di mio papà e la croce che mi ha regalato don Stefano dopo i funerali di mio padre e ho sognato mio cugino che mi diceva 'Daniela non ho saputo trattenermi, mi dispiace, sono stato io'. Eravamo nel bosco dove ci siamo incontrati l'ultima volta durante le ricerche della testa di mio padre. Quel giorno lui si è avvicinato come a dirmi qualcosa. Ma io non lo feci parlare perché ero troppo arrabbiata. Nel sogno invece lui ha confessato".

Piange, Daniela: "L'unica cosa che voglio per mio papà e tutta la mia famiglia è che mio cugino non venga dichiarato incapace di intendere perché quando ha agito era lucido. Mio papà forse aveva un presentimento: negli ultimi quindici giorni mi aveva chiamato quasi tutti i giorni, come mai aveva fatto in passato. Era come se avesse paura di qualcosa, come se volesse avvisarmi di qualcosa che si sentiva dentro e non è riuscito a dirmi". Adesso "voglio giustizia e la massima pena - ha detto ancora Daniela Crocco - A mio cugino ho voluto bene come a un fratello e non riesco a capacitarmi che abbia fatto una cosa del genere. Ho visto le immagini di lui con i sacchetti e ho subito detto 'lì c'è la testa di mio papà'.