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Le elezioni di Genova saranno di portata nazionale
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Avrete letto che, tra i tanti retroscena e gossip sulle elezioni comunali di Genova, c’è anche un’ipotesi quantomeno curiosa: una lista pro-Putin, cioè filorussa. D’altronde Genova ha una storia antica di rapporti con gli zar (commerci di legname con Odessa) e più di recente con i Soviet (creazione di Togliattigrad per la Fiat, realizzata dal genovese Piero Savoretti). E se Valeria Marini in tv fa il pesto con la panna di che cosa vogliamo stupirci in politica?

Pensate che cosa accadrebbe nella ex rossa Genova dei “compagni orfani di Mosca” o dei “nipotini di Palmiro il Migliore” se la Lista Putin andasse al ballottaggio, magari contro un Pd miracolato da Santa Caterina o da san Nicola, per restare tra i nomi più vicini allo spirito di San Pietroburgo.

Immagino faccia a faccia televisivi nei quali i vecchi del Pd-Ds-Pds-Pci, ma soprattutto i “giovani dinosauri”, farebbero a gara per sembrare più russi degli amici di Vladimir, in modo da non avere i fianchi “scoperti” nei confronti della madrepatria ideologica. Magari, per confondere le idee agli elettori proverebbero anche a cambiare i loro cognomi: Farellov per esempio, o Morettinskji  o Terrilenko.

Questi “amici di Putin” un po’ di ragioni le hanno. Sarò filo russo avendo una nonna nata a Taganrog, ma cancellare rapporti commerciali con un grande Paese mi pare una cavolata degna di questa Europa, dove Genova ci rimette sempre e probabilmente più delle altre città italiane. Da qui alla lista di aspiranti consiglieri comunali targati Kremlino (come lo scriveva con un po’ di snobismo Curzio Malaparte) però ne passa di acqua sotto la Moscova.


Sorridiamoci su fintanto che, per davvero, non vedremo le effigi dello zar e l’aquila bicipite dei Romanoff sulla scheda al posto del Grifo, tra Rixi e Doria, tra Balleari e Regazzoni, insieme ad altre liste civiche che vengono qua e là evocate da comitati di strada e di condominio: quelli che non vogliono i migranti in via Venti, quelli che non vogliono il mercato abusivo legalizzato in via Quadrio, quelli dei fumi del porto, quelli dell’amianto in Valpolcevera e dei cinghiali in Valbisagno, quelli del pesto senza aglio e  della maionese senza uova, quelli del ritorno del tram e delle funicolari ad acqua, quelli per la messa in latino e il genovese al posto dell’inglese alla maturità, quelli per il Coronata nello spritz e il riuso obbligatorio del “Scignuria!”. E poi sorgerebbero comitati per l’utilizzo dei cosacchi al posto dei vigili urbani, e magari Il Gum riuscirebbe a fare lo sgambetto a Esselunga e a insediarsi a fianco a una Coop.


Le elezioni comunali del 2017 a  Genova, vada come vada il referendum, diventeranno di portata nazionale. Se vince Renzi e se il premier indicherà un suo candidato per il Pd, saggerà tra elettori molto ostici, i genovesi, il suo reale peso politico. Se Renzi perderà, il voto genovese diventerà un test per tutti, ma soprattutto per i Cinquestelle e uno dei due centrodestra: quello totiano con i leghisti e quello parisiano chissà con chi. Sarà il test delle politiche a meno che non siano anticipate e concomitanti….


Laddove, come oggi, i partiti della tradizione sono deboli e lacerati, nelle elezioni locali è facile che spuntino liste di disturbo a confondere le percentuali e ci sarebbe ancora di più da lavorare per gli analisti di professione.  Le ideologie sono finite quindi largo ai singoli interessi, tutti sacrosanti e leciti, che poi sono quelli che andranno a far parte dei programmi così tanto auspicati dalle segreterie politiche. “Prima dei candidati, i programmi!”. Senza considerare che Genova ha davanti a se un solo, breve, drammatico programma: lavoro per i giovani, manutenzione della città, sicurezza. E che queste voci, in gran parte, sono condizionate dalle scelte nazionali.


Tornando alle listarelle locali, io, per esempio, ne vorrei una filo-Crozza perché sono un suo fan. Chissà se ce la farò? In ogni caso buona domenica e caviale e champagne per tutti!