cronaca

Il presidente della Cei su Congresso eucaristico, occupazione e stato della città
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“A Genova ho vissuto dieci anni di famiglia, affrontando la routine della vita quotidiana, ostacoli e prove. Se guardo il mondo del lavoro in questi anni ho visto la città peggiorare, e indebolirsi ma non dobbiamo disperare, dobbiamo stare tutti insieme, meglio e più di prima, facendo voce unica e non essendo litigiosi. A un certo punto deve scattare un interesse superiore che è quello generale, bisogna essere capaci di fare un passo indietro rispetto a una propria opinione anche perché il meglio in assoluto non esiste e bisogna pensare al bene di Genova”. Questo il messaggio che il cardinale Angelo Bagnasco arcivescovo di Genova, presidente della Cei e delegato di Papa Francesco al Congresso eucaristico nazionale, che dopo 93 anni si aprirà giovedì 15 settembre nel capoluogo ligure manda attraverso Primocanale alla città a tutti dai politici, agli imprenditori, ai cittadini, ai religiosi. Un messaggio di forza ma anche di speranza, un messaggio soprattutto di unione.



Il congresso eucaristico torna a Genova dopo quasi un secolo, Genova “capitale spirituale d’Italia”, come spiegare a chi è lontano dalla Chiesa che cos’è e che clima si respira in città?


"C'è un clima di grande attesa. Anche di gioia. Le comunità cristiane si sono messe in moto con molta passione e sono state contagiose. Speriamo che la stessa città di Genova, ma non solo, si accorga che questo è un momento bello non soltanto per la comunità cristiana ma per la società intera. Per noi cristiani è un momento bello perché ci raduniamo intorno al Signore nell'Eucaristia. Per la società intera è bello perché speriamo che tutti si accorgano di un certo modo di vivere e di essere. Nel segno della semplicità e della voglia di stare insieme. Il mondo di oggi è così individualista e ha bisogno di un altro stile. Vorremmo che arrivasse questo".

Il congresso è legato in modo stretto con l’anno santo della misericordia in particolare nella giornata di venerdì e con il congresso di Firenze

"Il congresso di Firenze segna le catechesi dei vescovi. Saranno dieci in dieci chiese della città. Hanno come tema l'Eucaristia tutte quante, però alla luce dei cosiddetti verbi di Firenze: abitare, uscire, educare, trasfigurare e annunciare. Alla luce di questi cinque verbi, ogni vescovo parlerà alla propria gente dell'Eucaristia. Quindi c'è questo aggancio catechetico molto forte con Firenze. Invece l'aggancio con l'anno della Misericordia si esprimerà in due momenti particolari. Il primo, venerdì mattina, quando una cinquantina di piccole delegazione raggiungeranno altrettanti luoghi dove si fanno le opere di misericordia, sia quelle corporali (mense, dormitori, centri per i migranti) sia quelle spirituali (cimiteri, monasteri di clausura, scuole cattoliche). E poi c'è l'opera segno. Ogni diocesi lascia un segno di carità. Per noi sarà attivare due sedi per accogliere di notte i senza dimora".


Il congresso sarà un momento di preghiera, di incontri, di catechesi ma lascerà anche segni concreti: le offerte della messa finale di domenica saranno destinate alle popolazioni colpite dal terremoto in centro Italia.

"Come vescovi abbiamo stabilito subito dopo il terremoto una colletta nazionale, che si farà appunto domenica 18 in tutte le parrocchie italiane. Lo faremo dunque anche noi, nella messa conclusiva in piazzale Kennedy".


Lei ha detto di essere rimasto molto colpito dal recupero di una Statua della Madonna che ha visto in tv proprio dalla macerie e portata in una tendopoli, nei momenti di dolore assoluto l’uomo si trova solo. Papa Francesco alla Giornata Mondiale della Gioventù ha detto “davanti alla sofferenza ci si chiede Dio dov’è ma non c’è una risposta umana ..

"Non sempre è facile trovare delle risposte. La risposta più importante è il crocifisso. Gesù che ci precede sempre nel cammino della vita, anche e soprattutto nei momenti di croce come questo. Ma accanto a Gesù troviamo sempre sua madre, la Madonna. Ecco allora che l'accoglienza dei terremotati nella loro tenda di questa immagine terremotata anche lei mi ha commosso profondamente. Un'espressione immediata del rapporto tra il popolo e i loro segni religiosi. Le parole a volte dicono meno di un segno".


Il congresso lascerà ‘un’opera segno’ per i senza fissa dimora, e poi un altro frutto che arriverà dai giovani…

"Da un anno stiamo lavorando con un gruppo di giovani. Abbiamo voluto restringere il perimetro ai giovani proprio per coinvolgerli maggiormente. Sarà anche questo un segno che prenderà l'avvio dal Congresso Eucaristico. Le parole finali della messa sono "andate in pace". Cercheremo di tradurre questo, andando da altri giovani a raccontare quello che abbiamo vissuto, cioè la gioia di un incontro. La gioia di incontrare il signore durante la messa non si può tenere per sè, deve essere condivisa. Ecco la missione".


Un anno speciale per lei: 50 anni di sacerdozio, dieci anni alla presidenza della Cei e dieci anni a Genova , come li riassumerebbe?

"A Genova ho vissuto dieci anni di famiglia. E come tutte le cose di famiglia, per discrezione e per profondità di quanto si è provato, sono difficili da raccontare. Sono molto grato alla gente per la benevolenza che mi mostra. Insieme abbiamo affrontato la routine della vita quotidiana, ostacoli e prove".