cronaca

Il sindaco alla Festa de l'Unità cita la canzone di Ligabue
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Sono andato ad assistere al dibattito alla Festa dell'Unità tra le piadine e le focaccette di Piazza Cavour, in una canicolare serata di inizio settembre, per scoprire una sola cosa. La stessa che il non foltissimo pubblico sotto il tendone e i numerosi ex intorno, da Graziano Mazzarello a Claudio Montaldo, al luciferino Simone Regazzoni, all'ex presidente di porti Giuliano Gallanti, tutti Pd di breve o lungo corso e i curiosi di alto lignaggio, come l'imprenditore Stefano Delle Piane o l'avvocato Emanuele Basso, sbirciavano con malcelata noncuranza.

Ma Marco Doria il sindaco protagonista, finalmente, della presunta Festa Pd si ricandiderà, romperà il silenzio sul suo futuro, annuncerà il bis o un sussiegoso passo indietro, spalancando la strada alla corrida Pd? Primarie o non primarie?
Stavo tra il pubblico per una delle prime volte dopo decenni, nei quali ero abituato a essere io a fare le domande e un po' soffrivo perchè “quella” domanda mi bruciava sulla lingua: allora vuoi o no continuare a fare il sindaco, o preferisci quella cattedra da prof ordinario che l'Università ti ha messo lì, come su un piatto d'argento tentatore? Scegli una tranquilla via accademica, i corridoi e le aule rarefatte della fu Facoltà di Economia, che ora non so neppure come si chiami o vuoi ancora stare sulla graticola di Tursi?

Quella domanda i cronisti gliela avevano già fatta nel parterre al sindaco in look estivo, braga chiara, camiciola celeste e l'aria un po' meno tesa del solito e lui aveva risposto, prendendo la rituale e antropologica distanza dall'urgenza: “Di questo parleremo dopo il referendum tutti insieme". Dove il distacco temporale dalla risposta è almeno di tre mesi, perché il fatidico gioco del si o del no alla riforma istituzionale è previsto tra la fine di novembre e i primi di dicembre e poi ci sono le Feste di Natale e volete che il marchese Doria vi posi il regalo della sua scelta sotto l'albero insieme a Gesù Bambino?

Andremo a gennaio, anzi fine gennaio, cioè a due-tre mesi dallo scioglimento del consiglio comunale: una eternità. Ma volete che una persona così elegante e misurata come Doria lasci tutti in salamoia fino ad allora? Il Pd che sta sepellendo le Primarie e cerca il candidato “unitario” come fosse Diogene con la lampada; il resto della Sinistra-Sinistra sussiegosa e guardinga, la cosidetta società civile sempre più scazzata e infastidita, i Regazzoni a attaccare un giorno si e un giorno no, svolgendo, capitolo per capitolo, tutto il tema del programma elettorale?

Finalmente sul finire del dibattito, in verità non uno spasso, scosso solo dal roboante annuncio dell'altro protagonista, il presidente della Regione Toscana il Piddino simpatico Enrico Rossi: “Al Congresso sfiderò Renzi e lo batterò!”, Claudio Caviglia, il capocronista de “Il Secolo XIX”, ha messo lì la domanda delle cento pistole: “Signor sindaco, ma si può lasciare un lavoro a metà?” Come dire, eh dai, diccelo che cosa fai dopo questi cinque anni a Tursi.

Doria si è un po' impettato, secondo il suo stile, ma poi si è anche sciolto: “Faccio parte di una tradizione politica che ha sempre guardato per prima cosa gli ideali per i quali battersi, poi i contenuti delle battaglie da compiere e solo alla fine i personalismi... e io sono nostalgico di questi valori”. “Ma visto che oramai siamo al cazzeggio (ndr ha detto proprio così, “cazzeggio”) su che cosa farò domani, potrei rispondere con quella canzone: “Sono sempre stato impegnato, una vita da mediano, sto in mezzo, parleremo del futuro con tante persone, poi vedremo..."

Insomma, Doria che per scapolare la domanda cita il cantante Ligabue? Anche questo nella dolce serata al Porto Antico dovevamo sentire e magari sorriderci sopra! Il marchese-sindaco che gioca a centro campo, cento palloni da recuperare come Oriali su e giù tra la difesa e l'attacco...

Il prode Caviglia tenta una mossa astuta da giocatore esperto e infila un contropiede aggirante. Gli chiede, al sindaco reticente, cosa pensa di Renzi e del Pd, lui che tessere di partito non ne ha mai prese da decine di anni e che il Pd lo vede bollire nella sua giunta.

È un modo per farlo parlare delle lacerazioni dei democratici, che risalgono anche al destino del signor sindaco. E qui il mediano Doria diventa una vera mezza punta, di quelle che in dribbling si aprono lo spazio e lanciano verso il bomber. “Riconosco sempre l'importanza dei partiti e della partecipazione a impegni condivisi, ma so bene che i partiti oggi sono in difficoltà e che oramai nessun partito è in grado da solo di aggregare consensi, condivisioni. Ci vogliono alleanze più larghe per aggregare e, quindi, io cittadino di sinistra guardo a schieramenti più larghi che vadano oltre a sigle di partito e comprendano più forze delle società.”

Capito che assist al dialogo a sinistra, dal quale sorgerà la nuova candidatura per fare il sindaco: una bella maggioranza larga, con un candidato unico a referendum da babbo morto? Sarà lui a gennaio a coagulare quell'aggregazione o il gentleman o la lady che la coalizione scoverà con la lampada di Diogene?
Mi giro, mentre il dibattito sta per finire e la platea si è già diradata, e vado a farmi una focaccetta. Rigorosamente di Crevari.