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Lui si offre, molti chiudono la porta
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C'è qualcosa di amaro, nel secondo lungo addio di Cassano alla Sampdoria, proprio nelle ore in cui i blucerchiati gravitano nel mondo di quel Barcellona che Fantantonio aveva sfidato nel Clásico, il derby di Spagna, con la maglia del Real, la più prestigiosa del mondo. Il gusto un po' amaro di cose perdute: a forza di colpi di testa, fuori dal campo di gioco, Cassano è diventato la più grande nostalgia della storia del calcio italiano. Ma stavolta non sembra avere responsabilità più grandi rispetto a chi si era illuso, per ottimismo oppure superficialità, di riuscire in ciò che aveva visto fallire tutti: domarlo.

Nel giro di poco più di un anno, abbiamo visto molto, forse troppo. Cassano che si offre, il tecnico che gli chiude la porta in due interviste mentre il proprietario dice prima no, poi ni, infine sì; e lo dice dopo il disastro Vojvodina, quasi che il numero 99 fosse un antidepressivo di massa e non il calciatore più geniale, ma anche il più problematico in circolazione. Si sia trattata di una scelta fino in fondo voluta, o non piuttosto di uno scambio di favori (io ti piazzo Okaka, tu mi riprendi Cassano) con il procuratore, mai davvero si saprà. Più anziano di Platini che, per non autodistruggere la propria leggenda, a 32 anni aveva smesso, il fuoriclasse fa quel che può fare un atleta fuori condizione: distilla l'immenso talento a sprazzi.

Malgrado la forzata discontinuità, nella scalcagnata Sampdoria dello scorso anno resta uno dei meno peggio, con i picchi di alto e basso nei due derby. All'andata, insieme con il pupillo Soriano, vince in pratica da solo; al ritorno, coinvolto nel naufragio, sbrocca al cospetto di Romei, il dirigente/non dirigente che comunque viola la regola non scritta della sacralità dello spogliatoio, specie in un momento come quello. Seguono licenziamento telegrafico poi rientrato, quindi un altro inizio d'estate nello stile della casa, ovvero dichiarazioni solenni subito contraddette, nella convinzione che una battuta in vernacolo risolva ogni grana. Fino alla “gastroenterite” che chiude i giochi.

Che Cassano sarebbe stato un problema, specie per una Sampdoria come questa, noi lo si era detto fin dallo scorso anno.
Non ci rallegra averci visto lungo; mai come stavolta avremmo preferito sbagliarci. Invece è stato proprio un problema. Sia arrivando che andandosene. E purtroppo non è né il solo né il più serio.