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Il dibattito sulla crisi del Pd in Liguria / 10
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Nel dibattito sulla crisi del Pd locale interviene oggi Claudio Montaldo ex assessore alla salute nella giunta Burlando.


La riflessione sul futuro del Partito democratico in Liguria è strettamente connessa alle dinamiche nazionali del partito e allo stesso risultato negativo alle regionali del 2015 ha contribuito l'impostazione generale.


Singolarmente in un anno non si è discusso del perché si è perso, mettendo la testa sotto la sabbia e restando ciascuno della propria opinione. Coloro che avevano le principali responsabilità si crogiolano ancora oggi nella convinzione che la causa sia da ricercare nelle divisioni interne. Potenza degli oppositori che in soli 12 mesi hanno determinato oltre 180.000 elettori a non votare più PD.


Solo nell'assemblea di lunedì scorso l'allora candidata ha proposto una riflessione utile sulle  cause sociali ed economiche alla base dello scollamento del PD dalla società ligure. Bene. Sarà però  opportuno che collettivamente, o alla disperata , nel proprio isolamento, ciascuno elabori il lutto, magari riascoltando quelle persone, iscritti, militanti ed elettori che non avevano taciuto dissensi sulle scelte politiche disinvolte e discutibili, che hanno appannato l'immagine e l'identità del partito.


Certo bisogna guardare avanti, ma forse parlarne sarà opportuno visto che aspetti analoghi li ritroviamo alla base del recente disastro delle amministrative da Roma alla Calabria, da Trieste a Torino, per non dire di Napoli. Si può continuare la politica dello struzzo e reagire con fastidio alle critiche. Pazienza, ma non tutti hanno la convinzione che sul PD bisogna ancora investire impegno e passione politica, e ci lasciano, come dimostra la perdita di iscritti e di voti. Anche se risulta difficile ottenere risposte e aprire un dialogo di merito, sono ostinato e continuo a provarci perché penso che l'ottusità e gli errori di un leader, e di un gruppo di ripetitori, non possano disperdere le aspettative create dalla nascita del partito e alimentate dallo stesso Renzi.


Attraversiamo un momento molto più difficile nell'economia e nella società italiana di quanto emerga dalla “narrazione”, e i cittadini lo percepiscono sulla loro pelle. I numerosi episodi di carattere immorale che hanno coinvolto esponenti del partito offuscano l'immagine e alimentano il fiume di antipolitica che altri interpretano con la forza dei nuovi arrivati, ed è puerile e per ora assolutamente inefficace, rintuzzarli con il “quando governate ci cadete anche voi”.
Molti dei cittadini che hanno scelto di votare un altro partito o di astenersi, sono persone per cui il voto, e quei voti, dati nel tempo ai partiti di tradizione democratica, costituivano la propria carta d'identità. Non sarà facile e veloce recuperarli, non basta la campagna  di comunicazione di un'elezione. Serve un lavoro duro e duraturo.

Ma occorre UNA SVOLTA PROFONDA DEL PARTITO DEMOCRATICO.

Questo partito non ha un solido sistema di valori di riferimento. Appare chiaramente dalle ambiguità e dalle contraddizioni che si palesano in molte scelte. Non ha sinora saputo assumere su di sé l'onere, controcorrente, di temi come le diseguaglianze, la lotta alla marginalità, la globalizzazione. Senza una robusta analisi  e solidi valori di riferimento anche risposte giuste sulla pace e le migrazioni non toccano i sentimenti e non mobilitano il cuore delle persone.
Valori quindi , non per declamarli , ma per orientare la politica e le riforme di ogni giorno.


L'innovazione e il cambiamento devo avere in segno valoriale coerente e rintracciabile da parte dei cittadini.
Su questa base bisogna anche aprire il confronto, faticoso, con le forze politiche. E' evidente che l'autosufficienza perseguita finora ha prodotto lacerazioni, di scarsissima attrazione, a sinistra ed è miseramente fallita sul fronte moderato, dove si è scommesso su personaggi di potere, ma non qualificati. Bisogna con umiltà e tenacia lavorare per ricostruire un centro sinistra plurale, ma sufficientemente solido per governare e innovare il paese nel segno di giustizia ed equità. Gli “altri”, che magari sono portatori di posizioni diverse, hanno una dignità che va rispettata, magari ingaggiando confronti serrati, ma non pensando che possano essere “gli utili idioti” solo per conquistare le realtà locali.

E poi se la realtà del paese è tanto complessa bisogna avere la capacità di costruire una coralità.


Il ruolo dei corpi intermedi non è un orpello, ma è fondamentale, anche se va sfidato sul terreno dell'innovazione.
Infine il partito, ormai quasi abbandonato e trasformato in strumento del leader, è diventato a dire il vero sempre più debole e poco incisivo. Fra dialettica e decisione scegliere sempre e soltanto la seconda, vuol dire sterilizzare idee e restringere sempre più il consenso interno e produrre un'immagine che non sta reggendo ai primi passaggi difficili.


Un partito partecipato davvero, dialettico e plurale è sicuramente la risposta più impegnativa, ma che ci può trasportare verso il futuro, l'altra è solo la soluzione semplicistica alla complessità della composizione delle differenze.


La Liguria con tutto il travaglio di questi tempi potrebbe provare a dare un contributo alla svolta necessaria, per evitare che il PD continui a perdere consenso e bruci la grande potenzialità che può ancora rappresentare per l'Italia e tra poco per le due principali città della regione.

Claudio Montaldo*
Ex assessore alla salute giunta Burlando