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L'astronauta ligure al Ph-D day genovese all'interno di UniverCity
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Per la prima volta i dottori dell'Università di Genova vengono premiati in pubblico. La consegna dei premi e dei certificati ai 200 ricercatori della prima metà dell'anno è uno degli eventi conclusivi di UniverCity, festival di scienza e cultura con cui l'ateneo si apre alla città. Con un testimonial d'eccellenza: Franco Malerba, nato a Busalla, laureato a Genova e diventato il primo astronauta italiano della storia.

Ai suoi tempi il dottorato di ricerca non c'era. Oggi, però, c'è e l'università vuole rimarcare il suo valore in una cerimonia pubblica: un po' perché è "poco conosciuto", come ammette il rettore Paolo Comanducci, è un po' per dare il "segno che il dottorato è fondamentale per i rapporti con l'industria intorno a noi", specifica il prorettore Michele Piana ricordando che, secondo il Miur, l'Università di Genova è quarta in Italia per qualità dei dottorati. E mentre si applaude alle nuove eccellenze nostrane, un ligure illustre racconta come si è realizzato per lui il sogno di tanti ragazzi: viaggiare nello spazio.  

Franco Malerba, com'è questa storia che è diventato astronauta rispondendo a un annuncio sul giornale? È vero?
È vero: nel lontano 1977 l'Esa offrì per la prima volta la possibilità di volare su uno space shuttle attraverso un concorso europeo di volare su uno space shuttle. Così ho risposto.

E poi com'è andata?
Beh, cercavano un ingegnere, scienziato disposto a viaggiare. L'esperienza da astronauta non era richiesta, anche perché fino a quel momento non se n'erano visti.

Colombo è partito da Genova e ha scoperto l'America. Lei è nato a Busalla ed è diventato il primo astronauta italiano. Sarà la Liguria che porta bene?
Dovrei fare una battuta: sono nato nella stazione del treno di busalla, ero condannato a viaggiare. Comunque è stata una strada lunga, mi sono iscritto all'università a Genova, poi ho fatto un periodo al laboratorio del CNR che all'epoca era a Camogli, poi sono stato negli Stati Uniti. Una strada lunga, mi presentai senza grandi aspettative. Ma forse ero il cocktail giusto di scienziato e ingegnere.

In un piccolo paese come Busalla come hanno reagito quando l'hanno vista sulle prime pagine dei giornali?
Busalla è stata molto attenta, ha avuto molta simpatia per la mia avventura, più che Genova. Nel '92 erano tutti assorbita dalle Colombiane che focalizzavano le attenzioni pubbliche e private. Busalla, più piccola, si sentì più vicina a me. Una cinquantina di miei concittadini si pagarono il viaggio per assistere al rientro della mia missione. 

Ma lei si immaginava di diventare astronauta ai tempi dell'Universtità?
Direi proprio di no. In effetti mi immaginavo una carriera da ricercatore che si sposta negli Stati Uniti, ma non pensavo di fare l'astronauta, non era nei piani.

Ai suoi tempi il dottorato di ricerca non c'era. Per un giovane che punta all'eccellenza era più facile all'epoca oppure oggi?
Il dottorato è un buon trampolino verso la ricerca, putroppo oggi non è facile, come non lo era ai miei tempi, molti i chiamati pochi gli eletti. Il dottorato, poi, è una forma di assestamento con cui uno decide se è tagliato per quel mestiere. Anche le industrie credo debbano apprezzare i dottorati, tanto più se stanno facendo ricerche in quei settori. Ai giovani si chiede di avere competenze approfonditissime in questo o quel settore. Credo che il dottorato sia una buona strada.

Un consiglio ai giovani?

Studio e impegno, particolarmente nelle carriere scientifiche, sono il miglior passaporto. Purtroppo sono tempi difficili, bisogna mettere in conto spostamenti continui da una città all'altra. Ma come ci conferma l'Ocse con le sue statistiche, chi ha un titolo di studio elevato ha molte più chance di avere una vita soddisfacente dal punto di vista economico.