cronaca

In Sala chiamata del porto contestati anche Romei e Garrone
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“Questo non è il mio presidente”. La presa di posizione del tifo blucerchiato è netta e unanime. Non tanto per la salvezza tirata per i capelli, e nemmeno per le tante incertezze legate al futuro della società. I circa trecento sampdoriani riuniti nella Sala chiamata del porto hanno scomunicato Massimo Ferrero perché stufi di figuracce, cadute di stile e sbeffeggi ai danni del pubblico. “Rispetto per questa maglia”, si è sentito a più riprese. Nei prossimi giorni la tifoseria organizzata chiederà un incontro alla dirigenza, rea, tra le altre cose, di “non avere mai ascoltato” i supporter blucerchiati.

Un ultimatum, quindi. Con la possibilità di salvarsi in extremis, un po’ come il Doria di questa stagione. Il verdetto partorito dall’assemblea era prevedibile. Il tifo blucerchiato aveva optato per una linea di raziocinio: supporto alla squadra nel momento critico, poi contestazione, ma solo a salvezza conquistata. Una salvezza di cui i tifosi si attribuiscono senza remore tutti i meriti. Bocciati senza appello i giocatori – “non correvano” – e bocciata l’intera struttura, dal vertice alla panchina. “Abbiamo sostenuto la squadra fino all’ultimo. Ma lo scenario poteva essere ancora peggiore”, avvertono.

Nel mirino non c’è solo Ferrero. A subire l’impeachment col patron c’è anche la sua ombra, Antonio Romei. Nei fatti il direttore generale di Corte Lambruschini, formalmente una specie di consulente. “La società ha bisogno di dirigenti seri, non di un avvocato penalista che non capisce niente di calcio”, tagliano corto. Il discorso scivola sulle scelte di merito, sul calciomercato fallimentare, sul disastro di gennaio che anziché riparare ha alimentato la rovina. Poi qualcuno ammonisce: “Non siamo tecnici, non stiamo a discutere chi comprare e chi no. Chiediamo solo rispetto e considerazione”. L’altro attacco frontale è rivolto a tutta la stampa cittadina che, secondo i più vuole “il male della Sampdoria”.

Ma c’è ancora un altro colpevole additato dalla giuria popolare. O almeno da una sua parte. Ed è Edoardo Garrone. “Doveva fare da garante, e invece ha dato la società in mano a questo pagliaccio che non c’entra niente con la Sampdoria, col suo stile, col suo blasone”. Parole dure, non condivise da tutta l’assemblea. Ma abbastanza per tirare fuori una vecchia domanda: perché proprio Ferrero? La Sala chiamata si riempie di nomi illustri, su tutti Mantovani. Il contrasto diventa stridente. Ma qualcuno avverte: “Finché eravamo in zona Uefa la simpatia di Ferrero piaceva a tutti”. Parte qualche applauso.

I cinque 'saggi' al tavolo chiudono con un appello: “A inizio campionato chiederemo subito un incontro con la rosa. Non vogliamo essere i soliti cento tifosi. Pretendiamo la totalità della tifoseria, ci vuole compattezza per far capire quali sono i valori della Samp”. Si torna a casa con le sciarpe ai fianchi, dopo aver inviato un ultimatum a casa Ferrero. Ovviamente nessun gesto violento in prospettiva. “Ma se non ci ascoltano, ci faremo capire meglio”, ribadiscono. E la frattura tra tifosi e società, a quel punto, potrebbe diventare impossibile da ricomporre.