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Con il Barcellona fermò due volte in finale la Sampdoria
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Johan Cruijff è morto all’età di 68 anni.

Due volte le strade del campione olandese e della Sampdoria si sono incrociate. Due volte che i tifosi blucerchiati preferiscono dimenticare, anche se arrivare in fondo della fu Coppa delle Coppe e della Coppa dei Campioni era già tanta, tantissima roba, anche per quella squadra fantastica che venne costruita da Paolo Mantovani.

Ma Berna e soprattutto Wembley a parte, Cruijff è stato la rivoluzione del calcio e nel calcio: l’Ajax di Rinus Michels, Neeskens, Rensenbrink, Muhren, Rep, la nazionale olandese o meglio l”Arancia Meccanica” che non vinse mai nulla perché, davanti si trovava sempre i padroni di casa, Germania e Argentina (anche se lui a Baires non c’era), che dovevano vincere per forza.

E poi il Barcellona dei trionfi, simbolo della Catalogna, gli Stati Uniti da pioniere, il Feyenoord da stizzito rivale del primo amore, i lancieri. Cruijff si siede poi in panchina, fuma troppo ma vince tanto, tantissimo. Anche in quelle notti da lacrime per la Samp, a Berna, contro una squadra blucerchiata dimezzata da squalifiche e infortuni e a Wembley con Gianluca Vialli già quasi juventino che fallisce per pochi centimetri un gol che per lui era , se non un rigore quasi.

Un uomo oltre, oltre tutto, oltre il calcio di quei tempi: un atleta “naturale” anche se particolare. Uno che si sentiva invincibile, anche immortale, tanto da fumare come un turco sempre e comunque.

Ora il mondo del calcio tutto lo piange e anche i tifosi della Sampdoria lo onorano. Senza di lui chissà, l’albo d’oro della società blucerchiata sarebbe stato anche più importante. Ma era un grande e nessuno potrà mai dimenticare, come lo definì in un leggendario docufilm Sandro Ciotti, il “profeta del gol”.