cronaca

Dichiarazioni sempe smentite, ma non è bastato
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"Se avessi un figlio gay lo brucerei in forno". È per questa dichiarazione che il consigliere regionale della Lega Nord della Liguria Giovanni De Paoli è ora indagato per diffamazione aggravata.

L'episodio era avvenuto in occasione dell'incontro con gli esponenti del coordinamento Rainbow, che comprende anche l'Agedo (Associazione genitori di figli omosessuali). A riportsre la frase erano stati gli attivisti Stefania Gori e il marito Manrico Polmonari.

De Paoli ha sempre smentito la frase a lui attribuita dai testimoni, ha anzi sostenuto di aver detto proprio il contrario: "se avessi un figlio gay non lo brucerei nel forno".
Smentita che non è bastata al sostituto procuratore Patrizia Petruziello, che lo ha iscritto dopo l'esposto presentato dal Comitato per gli immigrati e contro ogni forma di discriminazione dopo la la frase choc.

LA REAZIONE - Non si sono fatte attendere le parole di De Paoli, che raggiunto telefonicamente dall'Ansa ha dichiarato: "Non sono tranquillo, sono tranquillissimo. Adesso però spengo il telefonino, per una settimana non devo parlare con i giornalisti".

IL M5S: "DE PAOLI SI DIMETTA" -
“Da oggi c’è uno strumento in più sulla strada di una verità definitiva, come giustamente chiedono e pretendono tutti quelli che, come noi, si sono sentiti profondamente offesi dalle presunte, gravissime, frasi omofobe incriminate”. Così i consiglieri del MoVimento 5 Stelle in Regione Liguria commentano la notizia. “Alla luce anche di questi ultimi sviluppi rinnoviamo l’invito a De Paoli a dimettersi dal proprio incarico”.

IL PD: "CI ASTENIAMO DAL COMMENTARE" - "Sul caso De Paoli ci asteniamo dal commentare com’è giusto che si faccia quando è in atto un’azione della magistratura. Ci compete invece il giudizio politico di una vicenda inqualificabile che ha gettato discredito sulle istituzioni. Ribadiamo che il presidente del Consiglio regionale Bruzzone deve convocare l'ufficio di presidenza per una censura politica e i relativi provvedimenti conseguenti."

TOTI: "INDAGATO NON VUOL DIRE COLPEVOLE" - Ancora garantista il presidente della Regione: "Indagato non vuol dire certo colpevole visto che ci sono tre gradi di giudizio ma prendiamo atto dell'indagine sul consigliere De Paoli. Anzi, ci auguriamo che la magistratura possa approfondire e scoprire con i suoi poteri quanto accaduto quel pomeriggio, anche a tutela dello stesso indagato e non solo di chi ha presentato l'esposto. Restiamo comunque perplessi per gli strascichi di una vicenda che speravamo fosse chiusa, in ogni caso prenderemo atto delle conclusioni a cui si arriverà"

RIXI: "SIAMO UN PAESE FOLLE SE SI INDAGA PER UNA FRASE" - "Siamo un Paese di matti se si arriva ad indagare un consigliere regionale per una frase, detta o non detta, mentre si lasciano a piede libero delinquenti e criminali di ogni genere, autori di reati di violenza fisica sulle donne o in generale verso qualunque essere umano. Sono solidale con De Paoli per l’assurda vicenda che si è creata attorno a una sua frase, per altro già smentita dal diretto interessato. Confido nel lavoro della magistratura perché si faccia chiarezza una volta per tutte". Lo dichiara Edoardo Rixi, segretario regionale della Lega Nord Liguria in merito all’indagine aperta dalla Procura di Genova sul consigliere regionale Giovanni De Paoli.

GLI AVVOCATI - "La presunta esternazione del consigliere - avevano scritto gli avvocati Cathy La Torre e Michele Giarratano dello studio Gay-Lex di Bologna - avviene in un contesto in cui gli episodi di cosiddetta 'omofobia' sono in continua crescita e la categoria delle persone gay, lesbiche e transessuali non gode di alcuna specifica protezione legislativa, come invece si richiederebbe attraverso l'estensione della legge Reale-Mancino anche ai reati commessi in ragione dell'orientamento sessuale o dell'identità di genere della persona offesa". "Appare evidente - concludevano i legali - come l'assenza di una normativa specifica sul tema abbia ingenerato la credenza che 'tutto sia possibile', ovvero che anche politici, rappresentanti delle istituzioni, rappresentanti di culti religiosi, personaggi pubblici possano liberamente offendere, diffamare e arrecare gravissimo nocumento a un'intera categoria di persone".