Come volevasi dimostrare. Ora buona parte del Pd lancia il nome di Luca Borzani, factotum di Palazzo Ducale (vera, rara perla nel rilancio di Genova) quale possibile candidato-sindaco a Palazzo Tursi. Mi auguro solo che qualcuno lo abbia avvertito. Borzani dice no, che non gli interessa questa esperienza. Logica risposta anche questa. Avesse detto di sì sarebbero immediatamente spuntati i massacratori. Il no, mi fa piacere perché, chissà che non cambi idea. Borzani è un elemento unificante: viene dal Pci, trova consenso tra gli anziani, piace ai giovani, raccoglierebbe sicuri consensi fra il ceto moderato che gli riconosce il merito di avere fatto rinascere un Ducale che stava diventando un oggetto bello ma genovesissimo e, quindi, poco esportabile.
Quello che sta accadendo e diventa molto rischioso per il Pd è che cominci una confusa caccia al candidato, che finirebbe per bruciare nomi magari buoni e pure praticabili. Nel passato è successo parecchie volte.
Ma il nodo da sciogliere si chiama Marco Doria, perché alcuni sono sicuri che ha voglia di riprovarci magari con una sua lista, altri, alcuni dirigenti del Pd, mostrano sicurezza nel sostenere che invece non ci proverà più. Il Pd dovrebbe, quanto prima, dire al sindaco se lo vuole ancora o no, verificato che sarebbe demenziale sfiduciarlo ora, a un anno dalle elezioni.
Il Pd se non vuole Doria deve dirglielo, perché è corretto, civile, doveroso comportarsi così, con trasparenza. Non tendergli trappole, tenerlo a bagnomaria per fargli capire che il rapporto fiduciario delle antiche primarie si è consumato. Da una parte c’è Mario Tullo che esce allo scoperto (sollevando un bel casino) sostenendo Doria, dall’altra, la stragrande maggioranza del Pd vecchio e nuovo, dove nessuno ha il coraggio di dire apertamente come la pensa. Solo Simone Regazzoni ci mette la faccia e continua a ripetere che Doria no, non si può , sennò la sconfitta sarebbe sicura. Ed è curioso che il partito lasci solo il filosofo-scrittore. La dimostrazione che ora è un partito che ha bisogno sempre di qualcuno che gli tolga le castagne dal fuoco e per questo è politicamente debole. Il serio Ermini non pensava, venendo in Liguria, di trovare una situazione così conflittuale e logorata. Avrebbe desiderato chiudere la partita a marzo, mentre dovrà ancora presidiare questo barile sempre pronto a esplodere.
Nel passato il vecchio Pci aveva sempre avvisato i sindaci che voleva liquidare. Lo fece con Adriano Sansa che poi decise di sfidare l’establishment con una sua lista. Lo ha fatto il Pd burlandiano gettando Marta Vincenzi, ferita dalla vicenda dell’alluvione, nel pentolone delle primarie come fosse una normale iscritta e non un sindaco uscente.
Dunque o il Pd (chi?) va da Doria e gli dice: sei arrivato al traguardo. Noi non ti presentiamo. O lo appoggia, ricandidandolo, a questo punto, senza la forca caudina delle primarie.
politica
Chi nel Pd dirà a Doria: non ti vogliamo più?
Spicchi d'aglio
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