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Maestripieri su Ilva: "Portare Genova al tavolo nazionale"
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Appena usciti dall'ennesima giornata campale per le vertenze sindacali a Genova, restano tante domande senza risposta. Quale futuro per la siderurgia italiana e per il suo colosso Ilva? E quale futuro per gli altri settori critici a Genova e in Liguria, tra cui la Fiera? Ne parliamo con Luca Maestripieri, segretario genovese Cisl, intervistato per Primocanale da Luigi Leone.

Siamo reduci dalla protesta Ilva organizzata da Fiom. Però c'è stata una divisione rispetto a Fim-Cisl e Uil.

A voi giornalisti piace veder scorrere il sangue, in realtà è stata una manifestazione unitaria di tutte le sigle. Ilva rappresenta una questione gigantesca per la nostra città. Significa tutelare 1.700 famiglie genovesi per cui il tema dell'integrazione del reddito dal 60 al 70% è fatto di importanza. Tutte le federazioni dei meccanici che hanno portato avanti la battaglia hanno fatto una cosa giusta. Poi la mobilitazione è sfociata in un risultato, io credo si tratti di un piccolo passo avanti, poi ognuno ha sue opinioni.

Ma il Comitato di Vigilanza non è proprio l'incontro che chiedeva la Fiom
Il Comitato di Vigilanza è un organismo di controllo e presa d'atto, non certo una sede di contrattazione e negoziazione. Noi vogliamo ben altro, vogliamo un incontro con il governo. Ma mi pare che la giornata di ieri sia stata positiva e interessante. Il Prefetto si è impegnato a mobilitarsi con il Governo per avere un incontro nazionale e discutere la cessione dell'azienda. C'è stato un cambio improvviso di strategia, il blocco di 1,2 miliardi dalla Svizzera ha messo in crisi il Governo e ha comportato la cessione dell'azienda a più soggetti, con tutte le incognite che ne scaturiscono.

Già è surreale immaginare un paese che esce da siderurgia, che è un settore chiave dell'economia globale. Ma non sarebbe il caso che Genova puntasse i piedi per partecipare al tavolo in cui si deciderà il futuro di Ilva? Ammesso che ce ne sia uno...
Io vedo nel futuro Ilva e l'acciaio, esiste una prospettiva assoluta per questa azienda. Per l'integrazione del reddito avremmo ottenuto risultato migliore se politica avesse fatto fronte comune. Siamo abituati a una politica ossessionata dal consenso liquido, in campagna elettorale permanente. È un metodo che produce guasti e porta a un clima incandescente, come abbiamo visto ieri. Per fortuna il sindacato confederale è responsabile e ha permesso di tornare a una relativa tranquillità. Oggi si apre la vera partita che attiene all'esistenza stessa di Ilva. Fino ad oggi si parlava di reddito, da domani diventiamo parti attrici di un tavolo dove tutti saremo impegnati a salvaguardare un pezzo strategico della nostra economia. Ne abbiamo già persi troppi in questo Paese. L'acciaio è importante, ce lo dimostrano la Germania e la Francia.

Lei ha fatto cenno a una politica impegnata in campagna elettorale permanente: un caso genovese tipico può essere quello della Fiera. Fino ad oggi non si vede l'uscita dal tunnel di una crisi che sembra travolgere l'istituzione genovese.
Sì, è la stessa incapacità di confezionare un piano industriale credibile che ha determinato situazione sotto gli occhi di tutti. Dovremo affrontare la crisi, spero con un atteggiamento diverso da parte della politica, e mi riferisco ai soci di Fiera, che sono tutti pubblici. Dovranno presentare una proposta unitaria per attenuare il colpo. Già è stata aperta una procedura per la messa in mobilità dei dipendenti.

Ma alcuni sacrifici sono già stati fatti dai lavoratori.

Bisogna sempre ricordarlo: si chiedono sacrifici in funzione di un progetto, di un piano industriale. Ma non deve essere un esercizio retorico. Significa rilanciare l'istituzione che porta beneficio economico alla città, ma anche a chi ci lavora. Non si può fare tanto al chilo. I lavoratori sono stati penalizzati, alcuni hanno visto diminuire il reddito. Ripresentarci dopo due anni in questa stessa situazione, riscontrando che la politica non è uscita dalle secche, è preoccupante. E La dice lunga su come non si deve fare. Quando, invece, politica e sindacati si mettono insieme, si ottiene sempre un risultato positivo. Quando si portano istanze a Roma è importante fare fronte comune. Io vorrei che questo appello venisse allargato alle istituzioni. Questo metodo non è che ci piace per buonismo, ma perché è l'unico praticabile. Pensiamo al turismo natalizio: proprio grazie alla collaborazione tra Regione, Comune e privati i risultati si sono visti e sono cresciute le presenze. Il turismo è sempre stato una cenerentola, molti ne parlano in salotti e convegni ma all'atto pratico non si fa nulla. In questo caso le istituzioni hanno mostrato di crederci, credo sia un metodo da riproporre.

Lei si è fatto un'idea del perché il presidente di confindustria Zampini, Bagnasco e le organizzazioni sindacali chiedano una grande concertazione, mentre poi la quarta gamba del tavolo, la politica, trova sempre il modo di sfilarsi da questo ragionamento?
La politica è prigioniera del consenso a tutti i costi e di un populismo d'accatto che ci serve a poco. Forse ci sono anche interessi economici, più concreti. Comunque va sottolineata la buona volontà di chi fa questi richiami e opera in maniera coerente. Ora pensiamo positivo, nel 2016 ci attendono sfide molto impegnative.

La Cisl ha fatto già qualche passo in avanti, come prevedete di cambiare la vostra pelle?
Un cambiamento profondo c'è già stato in questi mesi per una maggiore trasparenza. Grazie alla segretaria generale Furlan, che è genovese, abbiamo fatto un grande sforzo per cambiare culturalmente il sindacato. È cambiata la società, dobbiamo guardare soprattutto ai giovani per coinvolgerli, e non solo ai margini.