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E sul terrorismo: "Contro l'Isis secondi solo agli Usa"
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Roberta Pinotti torna nella sua Genova. Lo fa in un incontro aperto alla cittadinanza nell'auditorium “Eugenio Montale” presso il teatro Carlo Felice. Il ministro della Difesa del governo Renzi parla di sicurezza internazionale, lotta al terrorismo, ma anche di politica locale. Tema dell'incontro, organizzato dal Pd ligure, è “L'Europa, il nuovo assetto internazionale e la minaccia del terrorismo”. A intervistarla e coordinare il dibattito è Mario Paternostro, direttore editoriale di Primocanale.

Ministro, anche i tedeschi hanno deciso di intervenire subito dopo la decisione di Cameron. La posizione italiana, finora attendista, cambierà o si attende il vertice sulla Libia?
Voglio sfatare l'idea di una timidezza italiana contro l'Isis. Non si tratta di sensazione, ma di numeri. Nei contingenti anti Isis siamo secondi dopo gli Stati Uniti. E abbiamo deciso l'aumento di un terzo del nostro contingente. La Germania sta decidendo cose che l'Italia ha deciso da tempo, come i tornado in funzione di ricognizione. Abbiamo assetti molto pregiati e messo da subito molti addestratori, che è ciò che ha consentito di addestrare i curdi in Iraq in un luogo strategico tra Mosul e Raqqa. L'Italia sta facendo la sua parte nel mondo. Siamo in Afghanistan e ci rimaniamo. C'è il rischio che Al-Qaeda trovi in Isis spazi di infiltrazione. Non è vero che in Afghanistan la situazione è sempre la stessa: non c'è la pace, ma oggi ci sono forze locali, molte ragazze vanno a scuola. Siamo in Libano, siamo in Kosovo, dove ci sono i foreign fighters, siamo nel Corno d'Africa, siamo nel Mediterraneo con una missione europea dove abbiamo 1.200 nostri uomini e donne, circa la metà del contingente complessivo. Non sono stati i militari a deciderlo, è stata una mia richiesta. Perché considero l'Isis un tale nemico della civiltà che era impossibile non intervenire. Sì, sono dei fascisti. Pensano che chiunque è diverso da loro vada schiacciato. Speriamo che anche con la Libia si possa aprire un processo di pacificazione.

Ma la domanda comune è: l'Italia bombarderà o non bombarderà?

Le scelte si fanno in base alle necessità sul campo. In questo momento l'obiettivo è fare ricognizioni con aerei, spesso i terroristi si infiltrano tra le case dei civili. La capacità che abbiamo noi italiani di individuarli con tornado e droni ce l'hanno pochi.

Si dice che l'intelligence italiano sia molto forte per via di fortissime e antiche relazioni coi paesi arabi. È così?
Sì, è fondamentale avere informatori sul luogo. Molti attacchi in Afghanistan sono stati sventati da un informatore che sembrava un talebano. Io vi ho raccontato un pezzo del conflitto con l'Isis. Da tempo sapevamo che ad esempio a Derna c'erano infiltrazioni. La strategia è questa: prendo le città, impongo tasse, se ti converti ti tasso meno, rapisco persone per avere denaro, fingo di distruggere monumenti per rivenderli, cerco di raccogliere fondi in tutti i modi. Poi faccio propaganda, recluto combattenti e faccio terrore in Europa. Per combattere un evento come quello di Parigi devi sapere che il terrorismo è subdolo, nonostante tutto il lavoro di prevenzione. Non si possono può prevedere tutti i rischi. Qui sfidiamo l'Europa a fare un passo ulteriore: condividere i dati dell'intelligence dei Paesi. So che gli americani sono d'accordo e lo suggeriranno all'Europa, dovremmo mettere un'intelligence europea. Se non riesci ad avere urgentemente informazioni, la capacità di fermarli si riduce.

Veniamo a Putin: non si può fare una guerra vera all'Isis senza di lui. Ma si inserisce una querelle pesantissima tra Erdogan e Putin. Severgnini la critica per averlo definito “un'opportunità”. Ma i due sono compatibili?
La Turchia è un Paese Nato e non si può prescindere da questo fatto Non ho detto, come ha citato Severgnini, che Erdogan è un'opportunità. La Turchia, che era uno stato profondamente laico, oggi sta assumendo elementi islamisti. Io ho detto che abbiamo perso un'opportunità quando negli anni '90 non abbiamo fatto entrare la Turchia in Ue. All'epoca c'erano ancora gli elementi giusti. Peraltro erano sulla stessa linea sia Prodi sia Berlusconi.

Non pensa sia una gaffe clamorosa l'ingresso in Nato del Montenegro ora?

Il Montenegro ha fatto un percorso, ci sono standard da rispettare. Sarebbe sbagliato impedire l'autodeterminazione del Montenegro. So che la Russia non è contenta, me ne rendo conto. Ma il tempismo è determinato dal fatto che esistono dossier precedenti per entrare nella Nato, significa che hanno fatto un percorso. L'Italia, su questo, ha sempre avuto una posizione chiara quando si è aperta la crisi tra Russia e Ucraina: applichiamo le sanzioni, ma non pensiamo che il nemico del futuro sarà la Russia. Sarà invece il terrorismo fondamentalista. È sensato tenere un atteggiamento fermo con la Russia, ma non interrompere un dialogo per la risoluzione della crisi mediorientale. Per un po' siamo stati in solitudine e tacciati di agire così perché avevamo interessi con la Russia. Invece non era così.

La rigidità iniziale era legata soprattutto ad Assad.

Infatti l'Italia aveva deciso di non intervenire in Siria perché lo scenario era confuso, mentre in Iraq c'era un governo legittimo. Ci sono stati crimini, situazioni che non possiamo dimenticare. Assad non può essere nel futuro della Siria. Ma nel frattempo, credo sarebbe sensato gestire la transizione coinvolgendo anche Assad. Dobbiamo farlo per evitare di ripetere gli errori fatti in passato. In Iraq, dopo Saddam Hussein, chi ha preso il potere ha condotto il Paese all'isolamento. Una parte delle elite militari di Saddam Hussein sono finite ai vertici dell'Isis. Abbiamo alimentato un nuovo fondamentalismo con una parte che si è sentita respinta da uno Stato e hanno deciso di collocarsi altrove. Anche in Siria quella parte legata ad Assad deve trovare un ruolo in futuro, anche se non con Assad.

È probabile che in Libia le ex potenze coloniali ci riconoscano uno spazio d'intervento maggiore?
Tutte le volte che ho parlato con i nostri alleati, inglesi, americani, francesi, nessuno ha mai messo in discussione che non si può ragionare del tema senza l'Italia. Oltretutto siamo i più accettati tra i libici. L'ex ministro della difesa libico ci aveva chiesto di addestrare direttamente lì i loro militari. Se ci vedessero come invasori non ci tratterebbero così. Credo che questa disponibilità venga già riconosciuta, non c'è bisogno di pretenderla.

Dovremo abituarci a vivere con meno privacy o meno libertà personali?
Con il Patriot Act in Usa, dopo l'11 settembre, sono già state imposte restrizioni alla privacy. Dove aumentano i rischi, aumentano anche i controlli. Se riusciamo a non cambiarci la vita è una vittoria sui terroristi. È grazie a misure specifiche che oggi possiamo espellere chi inneggia al terrorismo, arrestare i foreign fighters e controllare il web. Se avremo altre necessità ne parleremo, ma non dobbiamo fare il gioco dei terroristi. Dove attaccano i terroristi? L'aereo russo con le persone che vanno in vacanza a Sharm-el-Sheik, in Tunisia sulle spiagge, distruggendo economie di paesi democratici. Colpiscono dove c'è un concerto, nei ristoranti, allo stadio, durante il tempo libero. Come dire: “Non vogliamo permettervi di vivere”. Ho partecipato al funerale di Valeria Solesin, ho abbracciato i parenti, sentito i racconti di quello che succedeva, terroristi che avevano la stessa età di quelli che ammazzavano. È un orrore incredibile, è stato un momento molto forte. Guai a dire che il nemico è l'islam, ma il terrorismo islamico è veramente il nemico da combattero.

Che ne è dei nostri marò? Non possiamo dimenticare.
E non vogliamo farlo. Abbiamo scelto la via dell'arbitrato internazionale. Ci siamo rivolti al tribunale del mare, che ha riconosciuto che non può essere l'India a giudicare i marò perché sono militari, quindi c'è un'immunità funzionale. Il processo si è congelato. Ora il tribunale internazionale si è configurato, il 6 novembre ha avuto il primo insediamento. Il primo giorno possibile presenteremo la richiesta per il rientro di Girone. Speriamo ci siano risposte positive ma anche rapide. Quando le cose nascono male, aggiustarle è più difficile.

Veniamo alla politica nazionale, con i riflessi che ha anche sul nostro territorio. Scelta delle candidature, a Milano ci saranno le primarie, a Napoli no. Due pesi e due misure? Chi va bene al partito non passa per le primarie? Sono da buttare via o sono una buona prova di democrazia?
Il nostro partito si è dato regole per fare le primarie. Non sono una legge, ma una scelta. Nello statuto c'è scritto che non sono obbligatorie: se si decide che il candidato migliore è uno, non si fanno. A Napoli il percorso è ancora aperto. L'importante è che, una volta che si partecipa a un gioco, poi si rispettino le regole. E invece in Liguria non è successo così: chi ha perso le primarie poi non è rimasto col partito. Io ho perso le primarie per le Comunali di Genova, ma poi ho sostenuto Marco Doria.

Secondo lei quali potrebbero essere gli sbocchi per il Pd ligure
?
Il primo giro di boa è Savona, ma poi ci sarà Genova. Non pensa che sia un gioco della politica parlare prima di programmi e poi di nomi?
Ermini ha fatto un ottimo lavoro, sono molto contenta dell'assemblea che abbiamo fatto un'ottima assemblea sabato scorso. Non sempre le assemblee sono andate così, ci si alzava spesso armati uno contro l'altro. Noi oggi abbiamo da decidere per Savona. Partire con questo anticipo per decidere i nomi è una mania dei giornalista. Un nome fa più notizia di un programma. Noi dobbiamo capire cosa ci serve, poi i nomi si trovano. Sbagliatissimo cominiciare già a discutere di candidature. C'è un'amministrazione che sosteniamo, ci sono difficoltà che affrontiamo. Poi si parlerà di Genova, a tempo debito.

Prima di entrare un signore mi ha detto con aria sconsolata: “Va a finire che ci tocca rivotare Doria”...
Per ora dobbiamo capire come togliere questa città dai suoi problemi. Tutto il resto è noia. Aspettiamo di sentire Doria. Se ha voglia di ricandidarsi? Non lo so, non me l'ha detto.

Nel Pd ci sono giovani e meno giovani: questi ultimi dovrebbero farsi da parte o ci sarà un meraviglioso rapporto?
Io ho sempre investito molto sui giovani. Ma sono la zia del governo Renzi. Io penso che se uno ha esperienza in politica e vuole andare avanti, non ci sono problemi. Ma trovo assurdo che uno voglia rifare le stesse cose che ha già fatto. Io non rifarei più l'assessore a Genova. Toglierei il posto a qualcuno. E non farei crescere la classe dirigente.

Non le dà fastidio vedere in Regione Toti?

Fastidio no, è una persona educata e corretta. Io non ho l'idea che l'avversario politico sia un nemico. Politicamente mi dà fastidio, ovviamente. E grande dispiacere.

Se Renzi le dicesse: “Roberta, a Genova c'è un problema grosso: candidati tu”, cosa direbbe?

Direi di no. Ora faccio esattamente ciò che avrei voluto fare. All'epoca delle scorse comunali avevo evidentemente sbagliato. A Renzi metterei a disposizione tutta la mia esperienza per il lavoro che sto facendo al Governo, ma Roberta Pinotti sindaco proprio no.