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L'addio dopo un "paso doble" di avanti e indietro
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C'è molto orgoglio, un po' di riconoscenza e qualche pudore eccessivo nel canto del cigno di Luigi Merlo, che dopo otto anni, meno due mesi e mezzo, lascia la più importante poltrona della città, quella da presidente dell'Autorità Portuale. Non c'è, infatti, posizione più influente oggi di quella di San Giorgio: i sindaci sono dimezzati dalla mancanza di fondi, spesso (è il nostro caso) da alleanze politiche un po' occhiute e dalla obiettiva difficoltà a incidere, il governatore o presidente della Regione ha un territorio troppo esteso e una zavorra piombata, il deficit della Sanità e nel nostro caso la distonia politica con il governo di Roma e con la maggior parte dei governi locali liguri.

Merlo se ne va dopo un “paso doble” di avanti e indietro (dimesso, poi rientrato, poi ridimesso, infine via con due mesi di anticipo), lasciando in eredità tre interviste ai giornali locali e alla nostra televisione, dalle quali traspare la riconoscenza per avere avuto nella vita la chance di governare il più importante porto italiano, uno dei più importanti nel Mediterraneo. Glielo hanno permesso i genovesi, che lo hanno chiamato lì, lo hanno confermato per il secondo mandato, lo hanno sostenuto quasi integralmente e sempre, attraverso la loro partecipazione al Comitato Portuale.

L'orgoglio è quello di uno spezzino che sta sul ponte di comando di Genova (non è un particolare indifferente) e mantiene un equilibrio costante, avendo incominciato a governare  banchine dove, all'inizio del suo mandato, la tensione tra concessionari e Autorità portuale era a mille. Merlo ha più volte definito quel clima simile a ciò che si respira nella striscia di Gaza. Come dire: ho pacificato una guerra come quella tra Israele e la Palestina, con il mondo e le grandi potenze internazionali che stavano intorno, il dito sul grilletto. Acrobatico ma efficace confronto, nel quale c'è spazio per tutti i protagonisti della vicenda genovese, compreso Aponte (la potenza straniera) che potrebbe determinare il nuovo destino e forse lo farà.

Il confronto (anche fatte le debite proporzioni) è, però, un po' eccessivo. Non era la Striscia di Gaza, c'era una battaglia giudiziaria senza esclusione di colpi, che criminalizzava la stessa Autorità portuale e che poi è finita, dopo sette anni, in Cassazione con una sentenza secca: “Tutti i fatti non sussistono”. Di questa sentenza Merlo non ha mai preso atto, né pubblicamente, né privatamente e questa forse è l'unica caduta di stile di un personaggio certamente ineccepibile come educazione e modi pubblici e privati.

Merlo è stato frenato nella sua difficile azione in un porto che andava rivoltato con grandi opere, come il completamento di Calata Bettolo, i riempimenti  sui Moli Ronco e Libia, come Ponte Parodi, l'Hennebique e la gara sui bacini di carenaggio. Le frenate sono spiegate da molti fattori ma anche da quello di dover agire mentre procedevano le esplosive inchieste dei magistrati.

Ricordate quando tutto era cominciato con l'arresto di Giovanni Novi, il suo predecessore? Sembrava non solo che il porto esplodesse, ma che dovesse emergere tutto il malaffare della città. Stare seduto a Palazzo san Giorgio e decidere anche una mano di bianco, in quel clima di tensione, deve essere stato un bel problema per Merlo e per il suo segretario generale, Giovanni Battista D'Aste.

Per quella ragione e anche per molte altre, tutto è paurosamente in ritardo e bisogna dire che Merlo lo riconosce, assumendosi la responsabilità in particolar modo per l'Hennebique e per la mancata privatizzazione dell'Aeroporto, per la quale forse valeva la pena di scatenare sul Cristoforo Colombo proprio una battaglia da Striscia di Gaza...

Merlo è stato frenato, bisogna avere il coraggio di dirlo chiaro ora che il suo mandato è finito, dalla candidatura di sua moglie Raffella Paita alla presidenza della Regione Liguria. Bisogna anche dire chiaro che il presidente uscente  dell'Autorità portuale si è comportato in questa delicatissima vicenda da gran signore, in ogni capitolo di quella travagliatissima candidatura. Una vicenda che ha pesato e continua a pesare molto sugli assetti politici della Regione e sul destino del Pd, il partito al quale sia lui che la signora appartengono. 

Merlo è stato spiazzato paradossalmente due volte da quella candidatura e dai suoi esiti. Lo è stato al momento della candidatura stessa, perché non poteva che appoggiarla entusiasticamente e offrire una adesione seria. Come ha sempre fatto, compiendo più di un passo indietro, trovando un tono corretto negli atteggiamenti, nelle presenze, nelle assenze di una campagna elettorale di fuoco, con quelle Primarie devastanti a inquinare tutto.

Merlo è stato spiazzato poi anche dalla rovinosa sconfitta,  da lui accettata con la misura giusta di atteggiamenti e reazioni, a partire dalle sue dimissioni anticipate.  E pensare che uno come lui avrebbe potuto veramente essere il candidato giusto per la presidenza della Regione, dopo Burlando: avrebbe avuto l'età giusta, l'esperienza arricchita dagli anni in porto e perfino i precedenti in Regione. Sarebbe stato un presidente in carrozza e il Pd non si sarebbe certo strappato, come è, invece, avvenuto.

Su un ragionamento del genere non avrete mai sentito neppure un sospiro o un pensiero trapelare dal presidente dell'Autorità portuale. Luigi Merlo è stato un ottimo comunicatore e questa sua capacità di espressione gli ha probabilmente risparmiato, durante i sette anni e spiccioli di regno, confronti più duri, sia con i terminalisti, sia con le parti sociali, impegnate in un porto e che lo avranno estenuato in 540 incontri sindacali, ma non gli hanno mai mostrato il volto duro “da fronte del porto” con il quale molti suoi predecessori si sono scontrati.

Il presidente è stato anche un po' la fantasia al potere, con le accelerate nel futuro, come quella della nuova diga e la entusiastica adesione al Blue Print e il trasferimento a san Benigno degli uffici. Resta da vedere se questi “colpi ad effetto” sono più serviti alla sua immagine che a costruire un vero orizzonte del futuro.

Non sappiamo esattamente cosa andrà a fare ora il presidente un uscita. E' certo che non andrà per funghi nell'entroterra, come l'altro presidente in uscita di questa complicata fase genovese di riduzione del potere Pd, Claudio Burlando e che non si prenderà una vacanza prolungata di tre mesi in campagna.

Anche su questo Merlo è pudico e riservato: ma la sua strada appare tracciata nel percorso di una esperienza portuale ben maturata, anche tra tante frenate, nella tanto attesa legge di riforma, nella sintonia con il ministro Del Rio. E poi lui stesso lo ha  detto nel suo canto del cigno: non si torna sul luogo del delitto. Dove il delitto è probabilmente non il suo originale e quasi infantile mestiere di giornalista, ma quello di pubblico amministratore locale.