Non è un girone dantesco, ma neppure il paradiso: quello dei pendolari della Genova-Milano sembra più un purgatorio, vissuto nell'attesa di un futuro (e di un posto a sede) migliore. Poche certezze e tanto tempo speso in treni vecchi, a volte senza presa elettrica per lavorare, a volte senza tendina nel caso si volesse recuperare qualche minuto di sonno dopo essersi svegliati alle 5 del mattino."Rispetto al passato ci sono meno ritardi, ma spesso dobbiamo viaggiare in piedi perché l'abbonamento non include il posto. E se si ferma un altro treno sono guai, perché allora ci stipiamo tutti sullo stesso convoglio", racconta Giovanni Longo, informatico, pendolare da tre anni.
Milano offre più lavoro e più speranze: per questo ogni giorno migliaia di liguri si riversano in Lombardia. Una fuga dei cervelli a tempo: 12 ore al giorno, cinque giorni alla settimana. E la Liguria sembra volersi vendicare di questi figli ingrati che ogni giorno l'abbandonano per riversarsi oltre Appennino.
Colpisce quando Giovanni ricorda l'estate torrida dei treni, quando i pendolari fotografavano i termometri che segnavano 42 gradi nei vagoni e lui si portava gli integratori da casa per non svenire in treno dopo una giornata di lavoro. "Tanto di cappello a Trenitalia che spostava nei vagoni di prima classe i turisti che si sentivano male". E tu pensi che "tanto di cappello sarebbe stato non farli sentir male". Qualche psicologo della domenica parlerebbe di Sindrome di Stoccolma.
Ma 42 gradi non sono l'Inferno, e i pendolari sopportano il loro purgatorio aspettando giorni e carrozze migliori. Lunedì sera, a Macaia, vi racconteremo il loro viaggio, le loro speranze e le loro, tante, preoccupazioni.
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