cronaca

In cella deridono migranti e si vantano delle loro gesta
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"I passeggeri sono degli scemi, spendono una fortuna anche 35mila lire egiziane (circa 3.500 euro) e poi più della metà viene rispedita. Sai quanto ha guadagnato il proprietario della barca? 8 milioni di lire egiziane...". Lo hanno rilevato le "cimici" nascoste dagli agenti della squadra mobile - su mandato dei sostituti procuratori della Dda Federico Manotti e Federico Panichi - nelle celle del carcere di Marassi dove si trovavano gli scafisti arrestati nel luglio scorso a Genova dopo essersi mescolati con i profughi naufragati (106) a Capo Passero (Siracusa) nel luglio scorso.

Le intercettazioni dimostrano come il giro d'affari dietro al traffico di esseri umani sia enorme: "Quando torno - dice Hassan, uno degli scafisti - dobbiamo comprare una nuova barca... Speriamo di riempirla...". A quel punto Idris, uno dei leader lo tranquillizza: "Stai tranquillo, giù di lavoro (inteso come passeggeri da trasportare) se ne trova sempre".

Ai detenuti nordafricani con i quali condividevano la cella del carcere di Marassi, gli scafisti arrestati facevano anche "lezione" su come si svolgeva la loro attività di trafficanti di esseri umani. "Partiamo alle 2 o a mezzanotte e prendiamo la Fluka (piccolo gommone, ndr) si caricano dieci persone per volta e si mettono sulla barca più grande. Se fai così è perfetto, nessuno ti spara se fai così" in Egitto, dice Hassan, il leader degli scafisti.

Il compagno di cella chiede il motivo per il quale per far prima non usino due gommoni. Hassan controbatte: "Ci sono dei controlli sulla spiaggia con i cammelli. Sono per la sorveglianza". Poi si interrompe e svela: "Ma si possono corrompere con dei soldi... comunque la fluka non viene mai controllata".

"I clienti migliori sono i siriani - dice Labib, un altro scafista - loro hanno la certezza di non essere rispediti indietro e pagano fino a 5 mila dollari". Gli scafisti consigliano anche di usare il cellulare satellitare: "Devi sempre usare questo per telefonare, non il tuo - dice Hassan - quando poi arriva la guardia costiera lo butti in mare. A me hanno sequestrato il mio personale ma dentro non troveranno niente. Le telefonate importanti l'ho fatte con quello che è in acqua!".

Essere arrivati a portare i profughi fino a Genova (il barcone naufragato era stato raccolto da una nave mercantile che doveva fare rotta appunto nel porto del capoluogo ligure) per gli scafisti è un motivo di vanto. "Perché nessuno è mai arrivato fino qui" si lodano nella cella del carcere di Marassi.

"In patria diventeremo dei miti - dicono gli egiziani Idris, Hani ed Abdalla - quando tutti sapranno che siamo riusciti ad arrivare fino nel porto di Genova diventeremo famosi. Nessuno dei migranti è stato mandato indietro".

In cella si parla anche del risvolto pubblicitario che avrà il viaggio. "Quando sapranno che tutti quelli che erano a bordo - dice Mohamed, un loro connazionale recluso per altro reato - sono entrati a Genova con il vostro viaggio lavorerete proprio tanto".