politica

3 minuti e 18 secondi di lettura
Tutto ciò che oltrepassa il Bracco o i Giovi, il Turchino o la Scoffera e respira aria genovese (o anche ligure) prima o poi subisce un' irrefrenabile commistione che ne trasforma radici e volto. Quello che di Nazionale entra nei confini della Liguria, realizza un cambiamento e assume un aspetto particolare, diventa una specificità come l'aglio di Vessalico, l'asparago violetto di Albenga o, ça va sans dire il pesto genovese. Anche la politica.

Provate a pensare al "Sistema Liguria" che con indiscussa maestria Claudio Burlando è riuscito a costruire una decina di anni fa: una larghissima intesa, un extra large dell'ideologia, tanto larga che lascia fuori solo pochi derelitti e che ha governato il nostro territorio affratellando in un unico abbraccio di potere e di amministrazione uomini della cattolicissima Udc, aficionados della moralità calvinista come i dipietristi della prima Idv, democrats, ex comunisti, revisionisti, operaisti, radical chic, resistenti fino ad arrivare ai Verdi (c'erano una volta) e alle sinistre che si chiamarono di volta in volta Rifondazione, Comunisti italiani, Federati della sinistra. Pensate all'oggi.

Il Sistema Liguria sta in piedi su un consiglio le cui fondamenta sono solide come una palude prima della bonifica, in mezzo a spese che è etimologicamente sbagliato definire "pazze", ma sarebbe più opportuno chiamare "indecenti", dove la parola d'ordine dei politici solitamente ciarlieri è: Silenzio.

Il silenzio è la filosofia di questi ultimi mesi di governo, a parte le scampagnate qui e là, da Latte e Marinella, di qualche amministratore col trolley incorporato che sempre di più hanno il sapore di passerelle elettorali e che non hanno nulla di male in sé, ci mancherebbe, ma appaiono spesso fuori luogo. In mezzo a questa Grande Orzata che tutto annacqua e ottunde, brilla la specificità dei cosiddetti Renziani, categoria dello spirito che in Liguria ha assunto una sua specificità e che meriterebbe una doc. Un tempo i renziani erano due o forse tre.

Alle primarie pre elettorali la Liguria meritò il Golden Globe di Pierluigi Bersani: i renziani erano stati costretti alla ritirata. Anzi, quando qualcuno sommessamente manifestava simpatia per il ragazzaccio toscano, veniva bollato o liquidato con sorrisetti canzonatori: "Ma lascia perdere...quello (il Tosco) è vuoto come una zucca....è un berlusconiano mascherato...era democristiano lo sai?..." e via dicendo.

Ma la via di Damasco ligure è diventata un' affollatissima Main Street quando il simpatico smacchiatore di giaguari ha perso tutto. Gli ex bersanian-d'alemian ecc. ecc.ecc. hanno cominciato a citare "Matteo" in ogni comparsata tv o sulla stampa, chiamandolo per nome come un tempo dicevano "Massimo", "Pierluigi" o addirittura "Walter". Da quel giorno anche la terra di Natta, rude e spigolosa, si allineava al resto dell'Italia. Bene, si commentò. E' il Grande Rinnovamento che diraderà la Grande Orzata.

Invece la salsa ligure che agisce lentamente e che si amalgama con prudenza ha creato singolari situazioni: un segretario genovese cuperliano eletto con parte di voti renziani e ora un candidato ufficiale renziano con l'imprimatur di larga parte dell'establishment del Sistema Liguria, mentre ancora una volta parte dei renziani antichi opta per un cuperliano. Che cosa farà il presidente Burlando che è mente raffinata (rarissima condizione della politica ligure) se invece del suo candidato Cavarra dovesse vincere il cuperliano pacificatore Lunardon? Burlando nelle elezioni della segreteria genovese aveva puntato sul giovane Malfatti perdendo. Due sberle in pochi mesi? E se invece dovesse vincere il suo candidato sarzanese come la metterà con i cosiddetti "conservatori" che puntano su Lunardon e che soprattutto a Genova sono ancora tanti?

Probabilmente non farà nulla. Con la filosofia del diesel magari cercherà il riscatto nella scelta del candidato successore, forse più attento a nomi nuovi, ma col rischio che la salsa ligure mescoli gli ingredienti di una politica del consociativismo estremo impazzendo come una maionese mal riuscita.