
Nel suo girare per le strade di una citta' da cartolina ma sempre deserta, nel suo peregrinare continuo da una festa all'altra, comprese quelle che organizza a casa sua e nelle quali non mancano neppure suore in odore di santita', nel suo incontrare una poliedrica fauna di personaggi nei confronti dei quali prova tenerezza e disprezzo nello stesso tempo, fragili e inetti, autodistruttivi e falsi, supponenti e disincantati, c'e' l'inesorabile tramonto di un intero mondo nel quale alla vitalita' della via Veneto di felliniana memoria si sotituisce la solitudine e la ricerca di un disperato anelito di eternita' destinato ad andare inesorabilmente deluso.
Detto questo, la via di Sorrentino per dimostrare il suo assunto rimane sempre in bilico tra realismo, impressionismo e grottesco senza prendere una decisione precisa, troppo ricca di citazioni e personaggi talvolta ridotti a semplice macchietta (vedi quello interpretato da Carlo Verdone) e tuttavia - se pure mancante di profondita' - non priva di un suo fascino indolente e paradossale per quanto immersa in un eccesso di citazioni e imbevuta di una colonna sonora spesso debordante. Tagliandone poi una ventina di minuti si poteva arrivare a confezionare un film piu' sobrio ma la sobrieta' non e' la principale caratteristica ne' della pellicola ne' del suo autore. (Dario Vassallo)
IL COMMENTO
Il Vangelo di Matteo 25 e l’eredità di Papa Francesco
Le BR rapiscono Mario Sossi e Genova entra nell’incubo terrorismo