Cronaca

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Credo che l’azione più dolorosa per un manager della sanità sia chiudere sale operatorie e tagliare posti letto. L’annuncio fatto dalla Asl savonese di raggiungere un notevole risparmio cancellando oltre cento posti letto sia da leggere in questo senso. E penso che il serio direttore generale Neirotti che ha dato alla sanità savonese un ruolo spesso di primo piano e di vere eccellenze, sia tutt’altro che contento di dover rinunciare a uno sviluppo in un settore che, si racconta da decenni, poteva diventare un grande volano economico per tutta la Liguria.


Ce la ricordiamo noi ultrasessantenni la litania della Liguria, ricca di straordinarie professionalità mediche, che se avesse investito su nuove strutture ospedaliere moderne, se avesse abbandonato ideologie rozze quelle del tutto subito e sotto casa, e avesse dato vita a convenzioni serie con alcuni privati selezionati, avrebbe aperto un fronte economico importante. Non è stato così e non solo per colpa degli assessori alla Sanità che si sono succeduti o delle giunte, di sinistra, destra e sinistra che si sono date il cambio.

La mentalità ligure era sbagliata dalle radici: mille piccoli ospedali che avevano un senso ai primi del Novecento quando si comunicava con la Posta, quando le tecnologie diagnostiche e chirurgiche non facevano la differenza come oggi e tutto era affidato alla mano sapiente del chirurgo o all’intuito del medico generico. Mille piccoli ospedali di paese o sotto casa in città che sono diventati baluardi da difendere a ogni costo senza pensare che in alcuni casi emergenziali gravi (infarti, ictus, traumi cerebrali) potevano diventare pericolosi. Il colossale errore dei manager e dei politici alle loro spalle che hanno la responsabilità di non aver fatto scelte coraggiose perché anti-elettorali, è di aver fatto i consiglieri di quartiere senza avere una visione alta. Prendo i voti nel circondario e difendo l’ospedaletto del circondario, come se una sala operatoria magari senza rianimazione a fianco fosse equiparata a un ufficio postale o a un’edicola.

Ora siamo alla resa dei conti senza alcuna possibilità di alternativa. I risparmi devono essere fatti subito per garantire un minimo di servizio sanitario nazionale. E ha assolutamente ragione l’ematologo Carella quando su Il Secolo XIX scrive che chi ha reddito deve partecipare alla spesa sanitaria in proporzione. Lo abbiamo scritto tante volte che è immorale utilizzare i pronto soccorsi nel week end magari con la scusa di un forte mal di gola per avere indagini diagnostiche gratuite o saltare liste d’attesa. Ma un diritto i liguri lo hanno quando gli si sciorinano numeri catastrofici di tagli e chiusure di sale operatorie che significano due cose: aumento delle liste d’attesa e fughe al di là dell’Appennino dove operano felici cliniche private ben convenzionati con le Sanità di Piemonte, Lombardia e Toscana. Il diritto di conoscere i numeri della sanità regionale.

Per capire che razza di tagli vogliono fare politici e manager. E allora, caro assessore Montaldo, lei che è una persona seria e che, e lo si capisce dalla sua espressione, non è fiero di tagliare e chiudere, perché non ci fornisce questi numeri? Quante visite si fanno in un anno a San Martino, all’Ist, al Galliera, a Villa Scassi, a Sestri, a Voltri, al San Paolo, al Sant’Andrea, a Sarzana nei diversi reparti? Quanti interventi al cuore, al cervello, ai polmoni, quanti oncologici, quanti in urologia o in oculistica? Quanti in ortopedia? E questi reparti quanti medici utilizzano? Quanti infermieri?

Negli Stati Uniti della sanità ingiusta e privatissima questi numeri semplici sono a disposizione su internet di tutti e tutti si possono rendere conto di chi lavora e come, dei risultati e di chi merita e chi no, di chi deve essere tagliato e di chi deve essere aiutato. Dunque assessore, ci fornisca questi numeri che lei e in suoi super manager certamente avranno. Non fornirli, non spiegarli, me lo lasci dire, desta qualche sospetto.