Politica

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La crisi non è scongiurata perché in politica le alleanze si creano e si distruggono in poche ore. Ma il presidente Claudio Burlando, dopo mesi mediaticamente letargici, forse per non impigliarsi nelle dispute sulle primarie genovesi, è stato autore di un coup de theatre che ha rivoltato come una frittata la situazione politica. L'Idv e il consigliere fuoriuscito Capurro in polemica  con il Pd ma soprattutto col presidente accusato (anche durante l'ultima puntata di Shanghai su Primocanale) di condurre la giunta in modo egemone, avevano forzato la situazione proponendo un ordine del giorno per cancellare i sei assessori esterni, cioè non consiglieri, che il governatore ha diritto di scegliere e che Burlando esercitando un suo diritto ha scelto. L'accusa dei proponenti è ficcante: costano uno sproposito e in questo momento di tagli alla sanità dobbiamo risparmiare sui costi della politica. Sacrosante parole. Ma l'impennata sembrava essere un mezzo per inquietare una maggioranza, dall'Udc alla sinistra estrema , che in Regione, bene o male, regge e che è diventata un modello politico unico a livello nazionale. Burlando aveva replicato: se passa questa proposta me ne vado dopo un minuto. La faccenda degli assessori, dopo le polemiche che hanno diviso la vice presidente Idv Marilyn Fusco dal resto della giunta (in particolare dall'assessora esterna Renata Briano) partite dal piano-casa, passate per la vicenda dell'outlet di Brugnato, dei tre metri di edificabilità dai torrenti e persino volate in cielo con gli storni pronti per essere impallinati, era in realtà la manifestazione esantematica di una scarlattina che dura da parecchio. Fattostà che gli ultimi giorni sono diventati cruciali con un ping pong di interviste, dichiarazioni, rivelazioni, indiscrezioni, rumors che hanno fatto girare i cabasisi come direbbe Camilleri non a Montalbano ma a al serafico presidente. Che ha deciso in una mezza mattinata di proporre una rivoluzione mediatica clamorosa: il vertice di maggioranza che è uno dei rituali più stantii e datati di una politica da anteprima della Prima Repubblica, riunioni semi segrete (ma poi rese note fino all'ultimo singhiozzo con soffiate e telefonate), lo facciamo invitando i giornalisti della carta stampata, le televisioni e le radio.

Detto e fatto. Alle 12.30, telecamere, microfoni e carnet aperti, è cominciata la liturgia, di fronte a politici stupefatti, in maglioncino da week end, alcuni divertiti, altri molto meno, così pareva osservando sguardi tirati e smorfie di convenienza.

In diretta su Primocanale forse per la prima volta nella storia italiana, certamente di quella ligure, le telecamere hanno fatto vedere che cosa succede in questi vertici. Nessuno ha potuto dire una cosa per smentirla o raccontarla in maniera opposta all'uscita dalla stanza. Tutti a parole si sono detti propugnatori della trasparenza, della politica-verità televisiva, senza giochetti e manfrine.

Anzi, c'è chi, come Paladini  ha proposto dirette e giornalisti per ogni riunione  politica.Beh, non esageriamo. Tutto ha un limite.