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Penso sempre alle dimissioni, se resisto è per amore di questi colori cui sto dedicando la missione più dura della mia vita
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Marco Lanna, presidente della Sampdoria dal 23 dicembre 2021, si è trovato inopinatamente tra i "bersagli" del predecessore Ferrero, intenzionato a rientrare alla guida della società non appena scaduta l'interdizione annuale, disposta dal gip di Paola in merito all'inchiesta per bancarotta fraudolenta e altri reati societari. Di fronte alla prospettiva del ritorno del viperetta, la tifoseria è insorta promuovendo un'assemblea pubblica davanti alla Sud, sabato 26 novembre, con un comunicato in cui tra le altre cose si ricorda alla famiglia Garrone-Mondini la colpa di aver messo un bene amato da molta gente nelle mani di un personaggio come Ferrero.

La sortita di Ferrero al Secolo XIX di ieri è stata accolta dal presidente e dal suo staff con perplessità. Di là dagli appelli alla pacificazione e all'unità - sono i ragionamenti informali che circolano a Corte Lambruschini -  con poche parole il viperetta ha messo tutti contro tutti, gli altri s'intende. Lanna descritto come una sua "creatura" che lo andava a incontrare a Milano, Garrone elogiato e quindi messo in ulteriore difficoltà coi tifosi, gli stessi sostenitori che vengono blanditi ma esposti all'ambiguo riferimento alla presunta neutralità, se non simpatia, ottenuta ai tempi della lotta alla tessera del tifoso.

Presidente Lanna, lei una creatura di Ferrero?
"La mia nomina mi è stata proposta da un interlocutore diverso, dopo di che ho parlato con altre persone della dirigenza, non con l'ex presidente. In quella fase mi si intendeva affidare un mandato, a me e agli altri consiglieri, fino a giugno con la rassicurazione che entro quel termine la società sarebbe stata ceduta. Tutt'al più c'è stato, come la legge prevede, l'avallo della proprietà rispetto alla nostra nomina. Ma aver dato un avallo non vuol dire assolutamente che "mi ha messo lui".

Secondo il suo predecessore, la situazione del club sarebbe peggiorata durante la vostra gestione.
"Io e gli altri consiglieri abbiamo trovato una situazione già deteriorata. Non avendo finanza esterna, perché l'azionista non ne dispone e non poteva fornirci capitali propri, abbiamo dovuto chiedere soldi alle banche, che ce li hanno concessi anche in relazione alla rete di rapporti allacciati dal consiglio che presiedo. L'obiettivo non poteva che essere quello di salvare la squadra sul campo garantendone nel contempo l'iscrizione al campionato successivo e ci siamo riusciti".

Perché a quel punto non avete lasciato, il famoso 30 giugno?
"Perché era ancora in piedi la trattativa con Redstone-Cerberus e non potevamo certo lasciare a metà un lavoro così importante. Quindi, sfumata quella prospettiva di cessione, siamo rimasti in carica sia per assenza obiettiva di alternative, sia per sollecitare il trustee a battere altre piste". Da qui, infatti, la nomina di Banca Lazard come consulente.

Quell'incontro a Milano che il suo predecessore le rinfaccia?
"E' stata la prima occasione in cui l'ho visto di persona, pochi giorni prima della partita con la Roma. E' stato un colloquio voluto dal trustee Vidal e siccome per legge siamo tenuti a riferire al trustee e agli azionisti cosa facciamo e cosa faremo, sono andato. Quando? Pochi giorni prima della partita con la Roma".

Già, la partita con la Roma. Lui dice che tutti sapevate del suo arrivo.
"Tutti non so, io sicuramente da una telefonata che ho ricevuto mentre ormai stava salendo le scale ed era quasi alle mie spalle. Io mi sono preoccupato subito per gli sviluppi di ordine pubblico, se gli ho stretto la mano è perché sono una persona educata. Ma per quel che ne so, nessuno è stato avvisato per tempo e infatti è entrato senza alcun titolo per farlo".

Non pensa, specie alla luce della sortita del suo predecessore, di dimettersi?
"Ci penso da giugno. Se non le ho rassegnate è perché, date le condizioni, sarebbero un danno enorme per il club. E io la Sampdoria la amo, ero tornato da vecchio giocatore a cercare di salvarla dalla retrocessione in C, ma questa missione di oggi è davvero la cosa più difficile della mia vita. Non è detto che non mi dimetta, specie se dovessero venire meno le condizioni alle quali avevo accettato la nomina. Però resisto, anche se la mia vita è cambiata, la famiglia e i figli sono il momento di stacco, ma devo viverlo senza portarvi la tensione che accumulo sul lavoro e a volte non ci riesco".